Mecenatismo 2.0: processi partecipativi per generare impatto sociale

La i-AMFoundation opera per la democratizzazione e l’accesso ai contenuti artistici, lavorando con le imprese affinché diventino degli hub di rielaborazione e ridistribuzione sul territorio delle creazioni da La Biennale di Venezia. Il contributo del Presidente Leonardo Rotatori.

Mecenatismo 2.0: processi partecipativi per generare impatto sociale

La i-AMFoundation è un ente no profit riconosciuto dai sistemi dell’arte contemporanea più qualificati. Tramite lo sviluppo di modelli innovativi in diversi ambienti culturali, tra cui le ultime quattro edizioni della Biennale di Venezia, di cui è partner, è diventata una piattaforma infrastrutturale strategica. Il suo obiettivo è valorizzare la ricerca artistica, unendo logiche dell’intelligenza collettiva e del saper fare a quelle del voler conoscere in relazioni sinergiche ecumeniche. L’unione dei singoli processi, crea valori per le attività imprenditoriali, in primo luogo per le aziende, i loro dipendenti e l’ambiente sociale presieduto. Come? Invitando le aziende ad assumere il ruolo di vettori culturali per le comunità del proprio territorio, assumendo assets per se stesse e distribuendo benefit verso le nuove generazioni.

Il motore dell’iniziativa è Leonardo Rotatori, ideatore e presidente della i-AMFoundation, premiato due volte in quattro anni con la medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica per i suoi programmi culturali.

 

L’Arte contemporanea come “Patrimonio per l’azienda”: perché e in che modo?

Il contesto degli artisti è l’avanguardia, che dipende da un’immensa sensibilità verso il passato, il presente e, soprattutto, il futuro. Gli artisti catturano le tracce più sottili dell’esistenza trasformando moti a noi impercettibili in grandi rivelazioni, utili alla comprensione del mondo che verrà. Guardare e capire le loro opere significa prendere in un certo senso una scorciatoia che permette di conoscere le tendenze e attitudini umane.

L’Italian Art Motherboard Foundation (i-AMF) ha sviluppato un metodo virtuoso e innovativo di “social impact” con lo scopo di indicare e facilitare un passaggio di consegne e di conoscenza. Grazie a questo metodo, il vasto patrimonio di valori intangibili che gli artisti producono con il loro lavoro è destinato a uscire dagli spazi deputati al sistema dell’arte e a invadere un territorio ben più ampio, dove un pool di imprenditori filantropi è pronto ad accoglierlo per farne buono uso per se stessi, l’azienda e il proprio territorio. Questo patrimonio è costituito da speciali visioni del mondo. Attraverso le proprie aziende, gli imprenditori potranno traghettarlo nelle mani delle nuove generazioni (giovani lavoratori e studenti) e offrire loro una conoscenza fatta di sguardi inediti e potenziati sulla realtà.

 

“Gli artisti catturano le tracce più sottili dell’esistenza (…). Guardare e capire le loro opere significa prendere in un certo senso una scorciatoia che permette di conoscere le tendenze e le attitudini umane “

 

Quali sono le peculiarità del modello della i-AMFoundation?

La i-AMFoundation  the strategy system for social impact, nasce nel 2015, dopo una mia esperienza ventennale nel mondo delle fondazioni culturali milanesi, che propongono modelli sicuramente generosi per la promozione del patrimonio artistico della propria comunità, ma poco ricettivi alle esigenze del territorio. Per questo con i-AMFoundation abbiamo voluto creare una struttura diversa, che dialoghi con e per il territorio, e sviluppare un modello di statuto associativo capace di accogliere e interpretare l’anima nobile dell’identità sociale nazionale.

La ricerca è stata fatta a stretto contatto con diversi soggetti dell’arte contemporanea globale. Centrale è stata la partecipazione alle ultime quattro edizioni della Biennale di Venezia (2009, 2011, 2013 2015), che ci ha permesso di introdurre programmi innovativi e metodi relazionali per la costruzione di un territorio ibrido, compreso tra il “fare aziendale” e la “pratica dell’Arte”. Abbiamo inoltre proposto attività in forma di laboratori, con il preciso scopo di testare su più fonti una nuova materia duttile, che sia utile al sistema sociale per produrre nuove forme di benessere. Il nostro obiettivo, affinatosi nel corso degli anni, è rielaborare e tradurre il contesto culturale della Biennale perché diventi comprensibile e funzionale prima di tutto ai giovani e poi anche ai professionisti e agli imprenditori.

Gli artisti sono capaci di captare in modo geniale cose che di solito rimangono invisibili alla maggior parte delle persone. Hanno intuizioni sottili in grado di generare potenti ricadute anche in ambienti ben lontani dai luoghi della produzione del benessere contemporaneo, pur essendone essi stessi (potenzialmente) degli elementi fondamentali. L’i-AMFoundation vuole per questo indagare l’essenza inalienabile dell’opera d’arte, facendola diventare un patrimonio comune, un valore intangibile aperto e funzionale al sistema produttivo. Riteniamo infatti che, per raggiungere il maggior numero di interlocutori, anche gli ambienti decentrati siano unici e insostituibili hub culturali. Il nostro compito, oltre che mestiere, è portare sul tavolo degli imprenditori le informazioni prese dalle grandi rappresentazioni artistiche di quel grande circo che è il mondo. Per portarle all’interno dell’azienda occorrono pratiche welfare che interpretino l’Arte come materia per attività relazionali capaci di migliorare il sentimento individuale nei confronti del sistema collettivo con modelli innovativi.

 

“ Per portare le informazioni prese dalle grandi rappresentazioni artistiche all’interno dell’azienda occorrono pratiche welfare che interpretino l’Arte come materia per attività relazionali capaci di migliorare il sentimento individuale nei confronti del sistema collettivo con modelli innovativi.”

 

Come intendete rendere fruibili e funzionali i contenuti?

Come messo in evidenza dall’Obiettivo 4 dei Sustainable Development Goals, l’accesso ai contenuti rappresenta per l’ONU uno degli indici di sviluppo di un Paese. È chiaro che la partita che stiamo giocando non è semplice, ma abbiamo grande rispetto e fiducia nei capitani d’impresa e nei loro sogni per le aziende. Contiamo perciò di avere ottimi e capaci alleati nel raggiungimento di obiettivi comuni.

Per riuscire a portare a termine i vari passaggi che ci siamo prefissi e raggiungere i nostri obiettivi, abbiamo bisogno della partecipazione attiva sul territorio dei players. Questo significa creare una dinamica relazionale attraverso una piattaforma empatica, quindi comune a tanti e basata sui valori etici della Fondazione. La piattaforma sa accogliere i players e offrire un’utilità diretta passo per passo, così come una visione di insieme. Quest’ultima coinvolge sia l’azione locale, che deve essere monitorabile in modo chiaro e semplice, sia il coinvolgimento di altri players, per assicurare al programma una forma dirompente e una forza inarrestabile.

La creazione di un “Metodo Social Impact”, che sappia mettere in relazione il mondo del profit con quello del no profit, deve necessariamente ispirarsi alle logiche relazionali e al vocabolario delle Avanguardie artistiche contemporanee, perché diventino fucine di idee per la ricerca di ognuno sull’esempio della pratica dell’Arte.

La i-AMFoundation è un nuova piattaforma in linea con l’epoca in cui viviamo, con le capacità e specificità contemporanee, che offre al fruitore la traduzione o trasduzione del sapere cambiando radicalmente la forma e la materia del supporto naturale su cui il sapere ci viene ancora mostrato tramite l’azione.

Con il programma ITALIA DOCET LABORATORIUM II (2017-2019), la Fondazione si definirà come “Integrated Activeted Members Foundation”, come piattaforma che punta sulle pratiche interattive e partecipative come parti costituenti del suo statuto e della sua attività.

 

“ La creazione di un “Metodo Social Impact”, che sappia mettere in relazione il mondo del profit con quello del no profit, deve necessariamente ispirarsi alle logiche relazionali e al vocabolario delle Avanguardie artistiche contemporanee, perché diventino fucine di idee per la ricerca di ognuno sull’esempio della pratica dell’Arte”

 

Cosa significa “pratica dell’Arte nelle Avanguardie”?

Prendo come esempio la Biennale in corso, che agisce sul contenuto in diverse forme. Ci sono le tavole aperte con gli artisti, ma anche i video in streaming, che mostrano il loro lavoro in progress. Oltre a produrre contenuti contemporanei, è importante farli arrivare alle nuove generazioni. La nostra idea di filantropia è lavorare affinché un quindicenne riesca a raggiungere mondi per lui non facilmente fruibili, dal momento che il sistema si concentra sul “prodotto” Arte e non sulle sue reali e differenziate possibilità di accesso. Abbiamo scelto l’Arte contemporanea proprio per dare una soluzione e delle risposte alle difficoltà che caratterizzano il nostro sistema. E naturalmente anche per avviare una partnership con La Biennale di Venezia, da cui attingiamo contenuti per poi diffonderli in un contesto allargato. Il nostro percorso è però cominciato nel 2009 con l’Arte rinascimentale. Il motivo è semplice ma fondamentale: l’artista del Rinascimento aveva una bottega del fare, un laboratorio, dove affidava anche ad altri artisti la realizzazione di parti della propria commessa. Nel Rinascimento sono stati fissati i principi chiave del pensiero umanista, con la ripresa e l’aggiornamento (una traduzione) della filosofia classica.

Alla Biennale di quest’anno abbiamo presentato un’evoluzione del progetto del 2015 ITALIA DOCET che è pronto a decollare dal prossimo novembre. Il nostro obiettivo è rendere di nuovo centrale l’idea di uomo come maestro che deve saper vedere e saper fare per poi poter insegnare anche agli altri, soprattutto alle nuove generazioni. Per riuscirci deve però essere messo nelle condizioni ideali.

ITALIA DOCET | LABORATORIUM. Artists, Participants and Activated Spectators, maggio - novembre 2015. Evento Collaterale alla 56. Esposizione Internazionale d'Arte | la Biennale di Venezia

ITALIA DOCET | LABORATORIUM. Artists, Participants and Activated Spectators, maggio – novembre 2015. Evento Collaterale alla 56ma Esposizione Internazionale d’Arte | la Biennale di Venezia.

“ Il nostro obiettivo è rendere di nuovo centrale l’idea di uomo come maestro che deve saper vedere e saper fare per poi poter insegnare anche agli altri, soprattutto alle nuove generazioni. Per riuscirci deve però essere messo nelle condizioni ideali.”

 

La vostra Fondazione si rivolge soprattutto alle PMI e professionisti sul territorio, per coinvolgerle in attività che possano essere fruite, sviluppate e ridistribuite per creare impatto sulla comunità. Perché questo target e quali sono le progettualità che implementate?

Il nostro modello intende coinvolgere le imprese proponendo dei contributi dell’Arte d’avanguardia da utilizzare come opportunità per un’azione corale con nuovi elementi e valori che migliorano le pratiche del business. Una volta completato il processo conoscitivo interno, le aziende potranno consegnare al territorio il sapere nella forma più adatta ai loro interlocutori-fruitori, vale a dire (nel segmento Filantropico)  la nuova generazione che frequenta i plessi scolastici.

Potrebbe forse sembrare un volo pindarico, ma non lo è, se pensiamo che la manipolazione della materia prima e del servizio (allo scopo di rendere entrambi più simili all’azienda affinché possa raggiungere i propri obiettivi), sono la missione dell’imprenditore e il fine dell’impresa. Il prodotto va, infatti, a supporto delle economie locali e instaura una relazione con il consumatore sul territorio. Il vantaggio di questo modello è chiaro: i players coinvolti sono tanti e destinati a crescere nel tempo.

Allo stesso modo, con le corrette pratiche software e hardware, la materia prima “Arte” può diventare parte della filiera produttiva (con proporzioni di quantità e qualità predefinite) per generare valore in senso lato. So, visti i risultati precedenti, che la ricaduta di questi programmi di “social identity” possono avere effetti ampi, a volte anche impensabili. La nostra storia lo dimostra.

Il modello che proponiamo è finalizzato a creare una via di accesso al valore della cultura anche, o soprattutto, per quelle realtà aziendali che fino ad oggi non hanno trovato infrastrutture “agili”, capaci di incanalare la generosità dei soggetti verso il proprio territorio di interesse. Ci proponiamo quindi di aiutare la piccola-medio impresa ad assumere un ruolo educativo attivo nella promozione della “Cultura del Fare”, adottando come metafora la più alta ed importante attività dell’uomo, l’Arte, che è insieme una traccia inconfutabile del passato e una finestra visionaria sul futuro.

 

“Il modello che proponiamo è finalizzato a creare una via di accesso al valore della cultura anche, o soprattutto, per quelle realtà aziendali che fino ad oggi non hanno trovato infrastrutture “agili”, capaci di incanalare la generosità dei soggetti verso il proprio territorio di interesse.”

 

In che cosa consiste la vostra collaborazione con la Biennale?

Approdare a Venezia come no-profit , sponsor per la 57ma Esposizione nel 2017, è stata una scelta definita nel 2015, quando il percorso di ricerca della Fondazione si è concretizzato con il progetto ITALIA DOCET LABORATORIUM, contenitore delle esperienze della 54ma e 55ma Biennale, ultimo step ibrido tra Arte e Azienda prima dell’applicazione nel comparto non-arte tout court.

Il percorso fatto in Biennale dal 2009 a oggi, ci ha visti proponenti di una serie di programmi culturali (e vincitori di 2 medaglie), con i quali abbiamo testato e offerto nuove dinamiche relazionali tra Arte e non arte, un nuovo lessico e un innovativo apparato di ricerca burocratica e di servizi/prodotti. In questi otto anni decine di aziende e numerosi enti istituzionali hanno partecipato ai nostri “test”. Con loro ci è stato possibile sviluppare e perfezionare il palinsesto che oggi proponiamo sul territorio; non più basandoci unicamente su temi dell’Arte contemporanea, di volta in volta selezionati da me e dal team curatoriale della Fondazione, ma utilizzando l’intera proposta culturale della stessa Biennale. Per nostra fortuna, gli algoritmi di traduzione della “materia” contemporanea hanno retto all’immensa massa di informazioni che ci siamo trovati a dover affrontare e studiare. E ne siamo entusiasti, perché funziona! Se volessimo dare un nome al sistema, lo dovremmo chiamare TC-KRE, acronimo di “Trasducer Center – Knowledge Re-Editing Experience” (per intenderci: si rifà a metodi del Black Mountain College e delle dinamiche del trasduttore).

THE OTHER SIDE OF RUSSIA | The Face and The Soul, 2011-2013, installazione al Museo Storico Statale di Mosca. Progetto Speciale alla IV Biennale d'Arte Contemporanea di Mosca, premiato con la Medaglia d'onore dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano

THE OTHER SIDE OF RUSSIA | The Face and The Soul, 2011-2013, installazione al Museo Storico Statale di Mosca. Progetto Speciale alla IV Biennale d’Arte Contemporanea di Mosca, premiato con la Medaglia d’onore dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

La nostra Fondazione passa mesi a studiare la sostanza di ogni rappresentazione che l’artista ha portato in Biennale, intervistando gli autori, indagando i testi, guardando al contesto originario. In un certo senso si tratta di installazioni di “social identity”, ovvero contenitori dell’anima e spesso anche di una realtà futuribile che aiuta a comprendere meglio il mondo e i suoi cambiamenti politici, sociali, ambientali, culturali, tecnologici.

Se l’Arte contemporanea è un processo alchemico che propone sostanza trasformando la materia in forma, pensiamo che questa formula sia reversibile, oltre che rivelatrice. Ci può infatti svelare la sostanza nel presente, senza aspettare che passino trent’anni e che qualcun altro ci dica “ve l’avevo detto”. Impariamo dunque dagli artisti!

La sostanza (o contenuto) che le forme delle opere presenti alla Biennale di Venezia racchiudono riguarda il contemporaneo più avanzato, che per noi è spesso indecifrabile perché è un tempo parallelo “globale” che non stiamo vivendo ad eccezione del nostro tempo. Catturare queste visioni con l’aiuto degli artisti, tradurle e offrirle agli imprenditori nelle aziende significa dare sia la possibilità di organizzare degli hub di lavoro “umanisti”, che anticipano i tempi, sia uno strumento utile per migliorarsi. Tra l’altro, queste visioni sono l’oggetto stesso di ciò che il dipendente ridistribuisce sul territorio attraverso le pratiche del welfare a modo nostro (Feel.index)

Il programma “Art on Air” verrà presentato al territorio nazionale dalla Biennale entro novembre 2017 e sarà capace di rivoluzionare la relazione profit/no profit per favorire un atteggiamento filantropico che rinegozia la generosità individuale con micro economie, profit!

Si genererà così un importante effetto di “social impact”: queste pratiche avvieranno una cultura associativa ed ecumenica del fare e insieme anche una piccola ma importante responsabilità individuale. Questi sono il metodo e i valori della i-AMFoundation.

 

“Se l’Arte contemporanea è un processo alchemico(…) può infatti svelare la sostanza nel presente, senza aspettare che passino trent’anni e che qualcun altro ci dica “ve l’avevo detto”. Impariamo dunque dagli artisti!”

 

Quali sono i prossimi passi e gli obiettivi per la i-AMF?

Il nuovo, importante passo che stiamo facendo nel corso di questa Biennale (2017) è creare un ponte tra l’azienda e la scuola. Le imprese hanno a cuore le comunità locali e le scuole: i dipendenti sono i genitori, i figli i talenti futuri. L’obiettivo è riuscire a veicolare i contenuti partendo dalla traduzione di un testo curatoriale ermetico o di un’installazione criptica per mostrarne il messaggio. Seguendo un percorso di conoscenza delle opere prese in esame, i dipendenti delle aziende possono scoprire il contesto in cui sono nate, il loro Paese di origine, e pertanto diventare soggetti attivi che trasferiscono il sapere che le opere portano con sé su piattaforme usate dalle scuole.

Nel medio-lungo periodo vogliamo creare un circuito virtuoso tra l’Arte di ricerca, l’Azienda e la Scuola, attraverso dei laboratori anche digitali che raccontino i valori dell’Arte contemporanea trasferendo i contenuti dal cartaceo al digitale.

I dipendenti delle aziende ricreeranno ed elaboreranno i contenuti in ambiente Welfare, realizzando collettivamente contenuti “Cluster” che potranno diventare di riferimento per le scuole. Il professore adotterà questa prima versione o menabò e la tradurrà insieme ai ragazzi in contenuti multimediali con  le nostre infrastrutture, generando un doppio beneficio: da un lato, insegnare in modo sensato a usare le nuove tecnologie, in termini di creazione ed editing video, e, dall’altro, sviluppare una cultura associativa o collettiva del sapere e del fare o del “saper fare”.

In un contesto divertente di collaborazione e condivisione come quello del laboratorio digitale la Fondazione può chiedere ai ragazzi di fare un lavoro utile per se stessi e per il loro futuro. In un certo senso, il contenuto artistico e il processo partecipativo con cui il contenuto è stato veicolato e rielaborato vengono messi sullo stesso piano: la parte pedagogica è il metodo, più che il significato dogmatico dell’opera. L’obiettivo è incitare i ragazzi al fare, poiché, come ci ricorda Aristotele: “l’uomo è nato per due cose, per capire e per agire, quasi fosse un Dio mortale”.

 

“La parte pedagogica è il metodo, più che il significato dogmatico dell’opera. L’obiettivo è incitare i ragazzi al fare, poiché, come ci ricorda Aristotele: “l’uomo è nato per due cose, per capire e per agire, quasi fosse un Dio mortale”.”

 

 

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