Dal Lang Philanthropy Day 2017. Filantropia e self-caring: il trust come strumento per la gestione del “durante noi” e “dopo di noi”

Con Massimo Lodi, Direttore Generale UBI Trustee, analizziamo lo strumento del trust per gestire finalità filantropiche

Dal Lang Philanthropy Day 2017. Filantropia e self-caring: il trust come strumento per la gestione del “durante noi” e “dopo di noi”

Quali fattori stanno portando a suo avviso a un progressivo aumento di attenzione verso le tematiche filantropiche?

Sicuramente dobbiamo fare riferimento a dinamiche socio-demografiche che stanno riguardando tutte le economie sviluppate ma che in particolare sono in azione nel nostro Paese: in particolare, possiamo riscontrare un progressivo invecchiamento demografico; l’incremento del numero di nuclei famigliari composti da coniugi anziani e senza figli; l’elevato numero di nuclei monofamigliari; un basso tasso di natalità; e il progressivo ridursi delle aree coperte dal welfare pubblico.

A fronte di queste dinamiche, un crescente numero di persone si trova sempre più a dover ragionare, in mancanza di familiari, tenendo presenti due driver fondamentali: come assicurarsi un’elevata qualità di assistenza in presenza di un progressivo decadimento della propria capacità di autonomia (self-caring); e come destinare, tenendo presenti criteri di efficienza-efficacia, il proprio patrimonio residuo attraverso attività filantropiche. Questi due fattori stanno trovando in modo crescente una risposta attraverso gli istituti giuridici del Trust e della Fondazione, spesso utilizzate in modalità congiunta.

 

Può illustrarci lo strumento del trust e le possibili declinazioni del modello in ottica filantropica?

Il Trust per definizione è “un patrimonio segregato finalizzato al raggiungimento di uno scopo” – a differenza della Fondazione può perseguire uno scopo privatistico del patrimonio (ad esempio il self-caring). Questo strumento può essere utilizzato quindi per salvaguardare la qualità della vita del titolare del patrimonio e in contemporanea per organizzare la devoluzione filantropica e gestire tematiche legate al “dopo di noi”. Infatti, salva la  destinazione “finale” a scopi filantropici, “nel durante” il soggetto non deve  più scegliere “ex ante” se e quanto patrimonio destinare al mantenimento del proprio “way of life” e quanto a scopi filantropici in quanto le due destinazioni diventano intercambiabili  in funzione dei possibili eventi futuri. Per darvi un esempio, il titolare del patrimonio può, attraverso il trust, vincolare una parte del proprio patrimonio per organizzare l’assistenza della quale potrà aver bisogno, definendo tipologia di assistenza e fornitori deputati o indicando solo standard e caratteristiche dell’assistenza che desidera ricevere: il trustee incaricato vigilerà sull’effettivo utilizzo del patrimonio in conformità con le indicazioni del disponente, liquidando i costi necessari. In una seconda fase, alla morte del titolare, il patrimonio rimasto nel trust potrà essere destinato ad attività filantropiche, attraverso diversi modelli alternativi o complementari, tipicamente:

  • rilascio del patrimonio in trust a una fondazione madre costituita ad hoc, che provvederà sotto il controllo degli organi del trust, a erogare le somme secondo le volontà determinate dal disponente
  • rilascio del patrimonio in trust a specifiche fondazioni: in questo caso il patrimonio verrà utilizzato a favore di specifiche iniziative filantropiche veicolate tramite fondazioni già esistenti o costituite ad hoc

 

Soffermandoci nello specifico sul tema del “dopo di noi”, in particolare sulla legge 112/2016 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, può illustrarci la logica del progetto “Trust In Life”?

Il progetto prende origine dalla rilevazione ISTAT di circa 127.000 persone in Italia affette da disabilità grave di età inferiore ai 65 anni che o hanno già perso entrambi i genitori e vivono soli o convivono ancora con genitori o fratelli anziani, quindi potenzialmente beneficiari dei disposti della legge 112/2016. “Trust in Life” è un’iniziativa congiunta promossa UBI Banca attraverso la divisone commerciale UBI Comunità, rivolta alle realtà del Terzo Settore e dell’Economia Civile,  la trust company UBI Trustee, Anffas e il gruppo cooperativo CGM per unire competenze psicosociali tipiche del settore non profit con la capacità di gestione di patrimoni e strumenti finanziari. Il progetto è diviso in due fasi:

  1. il “Progetto di Vita” è curato da Anffas e CGM che mettono a disposizione strutture, servizi e operatori per unire le necessità di assistenza e la crescita dell’autonomia dei soggetti con disabilità
  2. l’utilizzo del Trust è seguito da UBI Trustee, per gestire le risorse economico-finanziarie ed immobiliari integrandole con le risorse ed i patrimoni familiari/personali, che mira ad armonizzare la valutazione dei bisogni di sostegno del beneficiario, valutati da Anffas e CGM insieme alla famiglia, e a coordinare e assicurare le risposte più adeguate.

Scopri di più e vieni a incontrare Massimo Lodi al Lang Philanthropy Day 2017

 

  

Per ulteriori informazioni http://www.ubibanca.lu/index/prod_EN/presentation/ubi_trustee.html

 

 

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