Origini ed evoluzioni della Adessium Foundation: dall’ispirazione di una famiglia a una fondazione dal forte impatto

Con un ammontare annuale delle erogazioni che si aggira attorno ai 15 - 20 milioni di euro, la Adessium Foundation è tra le maggiori fondazioni filantropiche nei Paesi Bassi. L'intervista con il Managing Director Rogier van der Weerd approfondisce il modello della fondazione della famiglia Van Vliet

Origini ed evoluzioni della Adessium Foundation: dall’ispirazione di una famiglia a una fondazione dal forte impatto

Adessium Foundation è una fondazione erogativa privata e indipendente basata dei Paesi Bassi. La Fondazione aspira ad una società che incoraggi le persone a vivere in armonia le une con le altre e con l’ambiente. La famiglia Van Vliet ha fondato la Adessium Foundation nel 2005 con il desiderio di mettere a disposizione le sue risorse al fine di lavorare per il bene comune.

Oggi abbiamo il piacere di approfondire il modello di questa fondazione a impatto con il Managing Director Rogier van der Weerd.

 

Potrebbe descriverci le evoluzioni e le sfide incontrate nel percorso che ha condotto la Adessium Foundation dall’essere il disegno di una fondazione di famiglia a diventare una organizzazione professionale e strategica?

La nostra fondazione è ancora relativamente giovane. E’ stata fondata circa 12 anni fa da una famiglia con un background nell’asset management che ha deciso di impegnarsi nella filantropia. All’inizio, la famiglia non aveva una mission predefinita ma scelse deliberatamente un percorso evolutivo per elaborare le focus area della fondazione. Decise così di abbracciare una serie di programmi, erogando grant in tutto il mondo su una ampia serie di tematiche e sviluppando una buona comprensione di ciò che rende efficace la filantropia. Il primo personale di staff è stato assunto nel 2007.

Abbiamo imparato che questo tipo di filantropia richiede delle decisioni nette circa le aree tematiche sulle quali ci si vuole impegnare, una chiara visione del modo con cui contribuire al cambiamento sociale come fondazione e un modello operativo che renda capaci di lavorare verso questi obiettivi.

Oggi siamo tra le maggiori fondazioni dei Paesi Bassi. Portiamo avanti tre distinti programmi erogativi: Social Initiatives, People & Nature e Public Interest (che mira a rafforzare le investigazioni giornalistiche transnazionali in Europa e a rafforzare le organizzazioni impegnate nell’advocacy su tematiche di interesse pubblico). L’ammontare delle nostre erogazioni annuali si aggira attorno ai 15 – 20 milioni di euro, con uno staff di circa 15 persone.

All’inizio la famiglia non aveva una mission predefinita ma scelse deliberatamente un percorso evolutivo per elaborare le focus area della fondazione.

 

Ci potrebbe evidenziare le ragioni alla base della scelta strategica della fondazione di selezionare in modo proattivo le potenziali organizzazioni beneficiarie?

Come qualsiasi fondazione, ci sono una serie di caratteristiche chiave che definiscono la nostra maniera di operare e di approcciare l’erogazione.

Consideriamo una visione di lungo periodo quando lavoriamo su tematiche rilevanti e urgenti per la società. Perché sono rari i cambiamenti facili e veloci. La maggior parte dei nostri fondi va oltre specifici progetti a breve termine. Cerchiamo di impegnarci in una partnership finanziaria pluriennale con partner altamente performanti, tipicamente con erogazioni triennali. In base alla nostra esperienza, questo è il periodo utile a valutare progressi e determinare se e come proseguire la partnership. In alcuni casi, questo può condurre a un rinnovo che riflette l’impegno a lungo termine per raggiungere l’impatto. Naturalmente ci sono anche situazioni in cui una iniziativa ha successo attraendo ulteriori fondi e può continuare in modo indipendente. Ma ci sono anche i casi in cui l’approccio non è efficace e la partnership viene interrotta.

Sono rari i cambiamenti facili e veloci. Cerchiamo di impegnarci in una partnership finanziaria pluriennale con partner altamente performanti

Un’altra caratteristica è il nostro approccio proattivo al settore. Non abbiamo un processo aperto di application, ma selezioniamo i (potenziali) beneficiari direttamente. In questo modo guadagniamo tempo e spazio per esplorare un tema, comprendere le possibili soluzioni e il panorama di stakeholder e attori influenti. Questo richiede una antenna sempre pronta a cogliere idee e la capacità di essere presenti e impegnarsi nei campi in cui abbiamo scelto di operare.

Una volta identificati i gruppi sui quali abbiamo un interesse, ci dedichiamo ad approfondire, in modo da essere sicuri di comprendere e valutare mission, obiettivi, Theory of Change e capacità di azione prima di considerare una proposta di finanziamento. L’impegno si intensifica mano a mano che procediamo nel processo di selezione. Questo tipo di due diligence richiede tempo e sforzi, ma si tratta di un investimento che ripaga in termini di sviluppo di relazioni strategiche a conclusione del finanziamento.

Spesso forniamo un supporto operativo sostanziale, o una combinazione di supporto al programma e capacity building. Crediamo che questo sia importante per consentire al partner di raggiungere i suoi obiettivi istituzionali. Attraverso un monitoraggio attivo e conducendo valutazioni indipendenti volte ad un apprendimento e sviluppo congiunti, miglioriamo la qualità delle partnership e l’impatto del lavoro dei nostri beneficiari.

Sebbene questo ci trasformi in quello che chiamerei un funder impegnato, non vuol dire che ci stiamo sostituendo alle organizzazioni che sosteniamo. Non dovremmo essere noi a dire cosa fare e come farlo. Crediamo fermamente di essere più che altro un supporter o un facilitatore, che rende possibili le grandi idee e supporta leader impegnati e team preparati a raggiungere l’impatto sociale.

Prima di considerare una proposta di finanziamento ci dedichiamo ad approfondire in modo da essere sicuri di comprendere e valutare mission, obiettivi, Theory of Change e capacità di azione

 

In che modo la fondazione supporta le organizzazioni beneficiarie e cosa implica, in termini organizzativi, l’andare oltre il puro grant, accompagnandole nel capacity building?

Sebbene crediamo in una stretta suddivisione dei ruoli, rimanendo primariamente un funder, cerchiamo una conversazione aperta e strategica con le organizzazioni beneficiarie a proposito dei loro punti di forza, di debolezza e sulle opportunità di miglioramento. Quando si condividono le priorità, ci assicuriamo che ci sia spazio per investire nelle capacità funzionali. Cerchiamo una consulenza esterna o un supporto quando necessario. Per esempio sviluppando il back office – l’amministrazione, il fundraising, o investendo in strategie di comunicazione, formando e sviluppando lo staff, ecc.

Siamo anche interessati a contribuire alle collaborazioni esterne, al problem solving e alla condivisione della conoscenza. Lo facciamo dal nostro punto di vista, dato che abbiamo una prospettiva unica che ci consente di avere la visione su un intero ambito, o di identificare opportunità su cui applicare approcci e visioni differenti.

Siamo in grado di riunire gruppi che altrimenti non si sarebbero trovati facilmente gli uni con gli altri. Ci sono tanti esempi interessanti, ad esempio abilitare tecnici e sviluppatori a impegnarsi con organizzazioni change-maker, o riunendo funders e ONG per sviluppare nuove soluzioni congiunte. Aspiriamo a fare di più in quest’area, ed è necessario uno sforzo serio per fare queste cose in modo da generare valore aggiunto sul campo.

 

Qual è l’approccio della fondazione alla valutazione dell’impatto sociale?

Crediamo che sia un elemento cruciale per un grant making efficace, da applicare sia alle organizzazioni che agli interventi che finanziamo, così come ai nostri programmi in modo da comprendere il nostro impatto.

Abbiamo un approccio pragmatico alla valutazione dell’impatto sociale. Operiamo in un range di aree tematiche e supportiamo un ampio mix di interventi sulla base dei contesti (ricerca/lavoro investigativo, erogazione di servizi, advocacy, campagne e sensibilizzazione, ecc.). Detto questo, non c’è un solo approccio o una sola metrica che possa racchiudere la complessità. Crediamo nell’utilizzo di tecniche di valutazione per ottenere informazioni rilevanti (significative e attuabili) e non per una mera questione di misurazione.

Questo significa che certi casi si prestano per gli standard dei randomized controlled trial (RCT), mentre in altri casi possiamo solo fare affidamento su valutazioni qualitative e giudizi esterni qualificati. Ciò detto, ci sono anche esempi di interventi che si dovrebbero finanziare perché si è convinti che siano intrinsecamente validi e servano a un particolare scopo. Per esempio rendere possibile per le persone anziane che vivono isolate di prendere parte ad attività sociali. In casi come questi è più interessante sapere se ciò è fatto in modo efficace, con una buona copertura e partecipazione, piuttosto che valutare gli effetti sociali a lungo termine prodotti.

Abbiamo un approccio pragmatico alla valutazione dell’impatto sociale. Non c’è un solo approccio o una sola metrica che possa racchiudere la complessità

 

Quali sono i risultati principali e i traguardi che la fondazione ha raggiunto nel corso di questi primi 12 anni di attività?

Nel Public Interest Program l’obiettivo è di aiutare a migliorare e costruire una società europea aperta e democratica. Questo obiettivo è particolarmente sfidante e l’abbiamo tradotto, ad esempio, nel rafforzamento della “ricerca della verità e della capacità investigativa”. Per aiutare la società a comprendere le maggiori problematiche del nostro tempo, illeciti e ingiustizie, in modo da fronteggiarli. Dal 2009 abbiamo avviato collaborazioni internazionali con il mondo del giornalismo investigativo con ICJI (International Consortium for Investigating Journalism), Journalismfund.eu, the Bureau of Investigating Journalism, ecc. Sono molto orgoglioso del fatto che siamo stati in grado di contribuire a una vivace cultura di collaborazioni transnazionali e di innovazione nel giornalismo investigativo internazionale. Con grande successo e interessanti sviluppi come i Panama Papers (e più recentemente i Paradise Papers), ad esempio.

Nell’Environment Program (che chiamiamo “People and Nature” per evidenziare l’importanza del bilanciamento tra i due), abbiamo lavorato sul problema dell’inquinamento causato dalla plastica fin dal 2010. Consideriamo questo uno dei problemi emblematici del nostro tempo, che esemplifica il fatto che sembra che siamo bloccati in una pratica economica lineare di utilizzo insostenibile di risorse e di rifiuti. Con un impatto devastante non solo sugli oceani, sulle coste e sulla vita marina ma, con l’avvento delle micro e nano plastiche, anche un potenziale pericolo per la salute umana. Quando abbiamo iniziato a finanziare quest’area, c’erano ancora una visione e una consapevolezza limitate di questo problema, quindi abbiamo sostenuto inizialmente ricerche e campagne di sensibilizzazione.

Oggi proponiamo anche delle soluzioni in tutta la supply chain e il ciclo di vita della plastica: riduzione di componenti dannose (come le materie plastiche singole non recuperabili/riciclabili), applicazioni di princìpi di circolarità (riuso e riciclo) e miglioramento delle pratiche di pulizia e di gestione dei rifiuti. Stiamo assistendo ad una spinta in tutte queste aree. A livello globale, l’inquinamento dovuto alla plastica è una tematica oggi ben conosciuta e discussa a tutti i livelli. Stiamo inoltre vedendo la messa al bando con successo delle componenti dannose (es. microplastiche nei cosmetici).

Ovviamente, noi giochiamo solo una piccola e limitata parte nello sviluppo, ma siamo orgogliosi di essere parte di tutto ciò e di aver cercato attivamente di impegnarci con altri funder per creare un movimento coordinato globale. Questo movimento è iniziato con uno scambio informale di informazioni tra fondazioni che mostravano uno stesso livello di interesse verso questi temi. Nel tempo insieme ad altre organizzazioni leader, abbiamo creato un network più formale di fondazioni e ONG attive nella lotta all’inquinamento causato dalla plastica. Insieme abbiamo creato una collaborazione internazionale denominata Plastic Solutions Fund. Si tratta di un fondo comune che ha lo scopo di spingere la “reduction strategy” a livello globale. Abbiamo inoltre contribuito a creare un movimento globale fortemente allineato di ONG: Zero Waste Movement, e altri che parlano ai consumatori, alle aziende e ai governi, spingendoli a ridurre l’utilizzo della plastica.

 

Quali sono i piani per il futuro e quali sfide si prospettano?

Per noi come fondazione è importante assicurare di rimanere all’avanguardia per evitare di diventare compiacenti, pensando di aver capito tutto. Bisogna continuare a guardare a come il mondo sta cambiando, a testare i propri assunti attraverso l’autovalutazione e i feedback esterni. Non è tutto così facile e lineare, mentre cresci e stabilisci processi, portafogli funzionanti e procedure entro cui operare. Ma dal mio punto di vista, è una responsabilità che deriva dalla posizione e dal ruolo unici che si hanno in quanto fondazione.

 E’ importante assicurare di rimanere all’avanguardia per evitare di diventare compiacenti. Bisogna continuare a guardare a come il mondo sta cambiando, a testare i propri assunti attraverso l’autovalutazione e i feedback esterni.

 

Alla luce del suo background professionale e del suo attuale ruolo, quali suggerimenti darebbe a un nuovo filantropo/fondazione al fine di dare vita a una strategia di giving efficace?

E’ una domanda interessante ma difficile per via dell’ampio pubblico che avete – fondazioni private, individui, corporate foundations, ecc. Vorrei offrire due spunti:

Primo, credo che sia importante fare uno sforzo serio e pensare molto al tipo di filantropia a cui dare vita. Bisogna essere curiosi ed esplorare, ma con la consapevolezza dei ruoli da giocare e facendo delle scelte chiare rispetto a dove si vuole essere attivi e in che modo essere efficaci. Questo rimanda alle scelte progettuali di cui parlavamo prima. Una volta individuate aree di lavoro e obiettivi, qual è il modello operativo? Dove ci si posiziona rispetto a dimensioni come propensione al rischio, strumenti finanziari, rapporti con i beneficiari, supporto non monetario, ecc.? Le Fondazioni maggiormente in grado di generare impatto hanno definito un set molto coerente di scelte che definiscono le loro strategie.

Il mio secondo suggerimento è quello di pensare in modo davvero approfondito alla nozione di leverage, da intendersi nel senso giusto del termine ovviamente. Le Fondazioni hanno una posizione unica per quanto riguarda l’indipendenza dei fondi, possono giocare un ruolo che nessun altro attore può giocare in termini di rischi e di sperimentazione di nuove soluzioni per spingere l’innovazione sociale. In questo contesto la nozione di leverage riguarda “che cosa possono creare i miei soldi in più rispetto al solo supporto alle attività o agli interventi che ho sostenuto”. La collaborazione e la creazione di alleanze con gruppi di stakeholder rilevanti è certamente una strada per creare leverage.

Per fornire un esempio: nel nostro Social Initiatives program, finanziamo il sistema olandese di banche alimentari – un network di organizzazioni non profit che distribuiscono settimanalmente derrate di cibo alle persone bisognose. E’ vergognoso che questo accada in una società ricca come la nostra, ma è un dato di fatto. Ci si potrebbe chiedere se che questo tipo di servizi non sia solo una toppa e se una fondazione non dovrebbe piuttosto lavorare per prevenire la povertà nella società. E’ vero, ma credo che sia una visione miope. Se lo si pensa da un punto di vista del leverage, si può essere efficaci in molti altri modi finanziando questo tipo di interventi. Per esempio, nel nostro paese, il governo ha cercato più o meno di ignorare le banche alimentari, dato che è molto scomodo riconoscere che il sistema di welfare fallisce nei confronti di una parte così significativa della società. Finanziando le banche alimentari e consentendo loro di essere visibili e comunicare in modo smart il loro lavoro, segnalando i trend che incontrano, aprono la porta ad azioni di advocacy politica (da parte di altre organizzazioni) e ad azioni di governo. Un’altra maniera attraverso cui abbiamo provato a generare una azione di leverage con i nostri fondi è stata supportando su larga scala una certificazione sulla sicurezza degli alimenti per le banche alimentari. Questo ha eliminato i rischi che rendevano i potenziali donatori (i supermercati e i maggiori brand) esitanti a offrire il cibo in surplus alle banche alimentari. Grazie a questa certificazione il volume degli alimenti donati è cresciuto in modo esponenziale. Questo tipo di pensiero, dove si cerca il modo per fare leva e si pensa agli effetti secondari, può essere molto utile se si vuole accrescere il proprio impatto sociale attraverso la filantropia.

Le Fondazioni hanno una posizione unica per quanto riguarda l’indipendenza dei fondi, possono giocare un ruolo che nessun altro attore può giocare in termini di rischi e di sperimentazione di nuove soluzioni per spingere l’innovazione sociale.

 

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