Leap Update: il “quando” conta

L'8 febbraio le Olimpiadi Invernali prenderanno il via con la gara del curling. Nei 18 giorni della competizione, verranno probabilmente abbattuti diversi record perché scienza e tecnologia della performance sportiva continuano a progredire. Sì, persino nel curling.

Leap Update: il “quando” conta

L’8 febbraio le Olimpiadi Invernali prenderanno il via con la gara del curling. Nei 18 giorni della competizione, verranno probabilmente abbattuti diversi record perché scienza e tecnologia della performance sportiva continuano a progredire. Sì, persino nel curling.

Quanto sarebbe bello se vedessimo leader e staff di non profit e imprese fissare nuove soglie di eccellenza ogni anno? Nel mondo non profit, sforzarsi per raggiungere una grande performance è ancora un concetto relativamente nuovo e non pienamente condiviso. E nel mondo profit, esiste un mare di accademici e consulenti di management focalizzati sul tema a livello corporate, ma spesso vediamo le buone idee ottenere scarsa considerazione.

Per esempio, in un recente articolo McKinsey QuarterlyChris GagnonElizabeth John, e Rob Theunissen sottolineano come spesso le imprese falliscano nel curare la propria salute organizzativa – “l’abilità di un’organizzazione di allinearsi intorno a una visione comune, operando efficacemente di conseguenza e rinnovandosi attraverso l’innovazione” – nonostante questo sia uno dei principali driver della performance. “Visti tutti i dati e le esperienze che dimostrano quanto sia importante lavorare sulla salute, l’ossessione delle imprese a concentrarsi solo su guadagni e perdite ci lascia perplessi” scrivono gli autori.

Un’altro ambito della performance che riceve molta attenzione negli sport ma scarsa nei settori profit e non profit è la biochimica dei ritmi circadiani. Grazie al nuovo libro di uno dei nostri business writer preferiti, ora ci rendiamo conto del fatto che il quando facciamo le cose durante il giorno ha un impatto incredibile sul come le facciamo.  When: The Scientific Secrets of Perfect Timing di Dan Pink dimostra come individui e organizzazioni debbano prestare molta più attenzione agli orologi biologici se vogliamo performare ad alti livelli. Sulla base di centinaia di studi, Pink sostiene che “siamo più acuti, più veloci, più ottusi, più o meno creativi in alcune parti del giorno” e che “queste fluttuazioni giornaliere sono più forti di quanto pensiamo”. Il neuroscienziato Russell Foster lo spiega in modo chiaro “Il cambio di performance tra il nostro punto di massima giornaliero e quello di minima può avere un effetto sulla performance equivalente all’assunzione di un quantitativo di alcol pari al  limite legale”.

Quelli di noi che presentano i “cronotipi” classici performano meglio al mattino – il momento in cui i livelli di energia, allerta, ed emozioni positive sono in crescita e siamo bravi in compiti che riguardano la memoria, l’apprendimento, l’analisi, la comunicazione, la presa di decisioni, la negoziazione. Abbiamo un picco intorno a mezzogiorno e poi, nel primo pomeriggio, energia e soglia di vigilanza precipitano portandoci a condurre i maggiori errori. “I pomeriggi sono il Triangolo delle Bermuda della giornata” scrive Pink “e rappresentano una zona pericolosa in ambito di produttività, etica e salute”.

I più vividi esempi dei questo fenomeno vengono dalla sanità. In un vasto studio del Duke Medical Center, si registrava una probabilità quattro volte maggiore di errore compiuti dagli anestesisti alle quattro di pomeriggio rispetto alle nove di mattina. In un diverso studio che comparava endoscopie effettuate tra le 11 di mattina e le due di pomeriggio, gli endoscopisti rilevavano a malapena la metà dei tumori al colon nel pomeriggio.

Alla luce di questi dati, come possiamo migliorare la nostra performance?

  • Evitando di prendere decisioni importanti quanto siamo in “bassa” emotiva e cognitiva
  • Fare pause nel corso della giornata, sopratutto al pomeriggio. “Ero solito credere che pause pranzo, riposini e passeggiate fossero vezzi” scrive Pink. “Ora ritengo siano necessità”. Attenzione però: un sonnellino di oltre 30 minuti può essere controproduttivo.
  • Comprendere che i team quasi sempre crollano a metà del progetto. Per uscire dal baratro, fissate goal intermedi, impegnatevi su di essi e chiedete ai membri del team di raffigurarsi una persona che verrà aiutata dal progetto. “Dedicare il lavoro a quella persona aumenterà la vostra motivazione”
  • Dedicate gli ultimi cinque minuti della giornata lavorativa a scrivere cosa avete completato. “Nelle buone giornate questo esercizio vi trasmetterà un senso di successo; nelle cattive, spesso vi mostrerà che avete fatto più di quanto pensiate”.

When è una lettura rapida. Anche se non vi trasformerà in un campione olimpico, vi aiuterà a essere un po’ più felici, sani, e produttivi durante quest’anno.

 

E ora alcuni brevi update dalla Leap Community:

  • Un ringraziamento a Beth Kanter, uno dei blogger migliori e più influenti del nostro settore, per la visibilità data a “Small, But Mighty: The PI for Small Nonprofits,” – una grande nuova risorsa create organicamente dalla Leap Ambassadors Community. Nell’introduzione Beth nota come il  Performance Imperative(PI) fosse creato per organizzazioni con budget sopra i $3 milioni mentre l’88% delle non profit è ancora sotto quella soglia. Ecco perché un gruppo di ambassador ha scelto di svilupparne una versione per piccole organizzazioni affinché possano “cominciare il proprio viaggio verso l’eccellenza a dispetto di budget ridotti”.
  • La Laura and John Arnold Foundation, che svolge un gran lavoro nel ricordarci come non tutte le prove di impatto vengano create allo stesso modo, ha appena completato una serie in tre parti di come le valutazioni pubbliche delle “evidenze” spesso facciano apparire efficaci programmi che non lo sono. Il primo report dimostra le falle nelle modalità utilizzate dal Department of Health and Human Services per dare punti ai programmi di home-visiting delle famiglie con bambini: “Le omissioni di dati poco soddisfacenti negli studi randomizzati controllati… portano a concludere erroneamente che diversi programmi abbiano successo”. Il secondo e il terzo guardano al What Works Clearinghouse del Department of Education e come questo assegni fin troppo peso ai risultati di piccoli studi preliminari. La serie offre un sano criticismo che si focalizza sul miglioramento più che sul rimprovero: gli autori ritengono che le falle identificate possano essere rimediabili.
  • Il 6 febbraio scienziati, innovatori e policymaker si riuniranno a San Francisco per sviluppare il primo codice etico per la scienza dei dati. L’ospite è  Bloomberg Data for Good Exchange,  che si sta basando sul potere dei big data per migliorare gli outcome della sanità pubblica, giustizia criminale, resilienza climatica. Crediamo che i big data, combinati con alti livelli di standard etici, racchiudano una grande speranza per aumentare l’efficacia del nostro settore.
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