Alla scoperta delle Fondazioni francesi

Dall’evoluzione di questa istituzione nel tempo, alle diverse forme giuridiche. Ne parliamo con Béatrice de Durfort, Delegato Generale del Centre Français des Fonds et Fondations

Alla scoperta delle Fondazioni francesi

Il Centre Français des Fonds et Fondations riunisce i fondi e le fondazioni francesi. Quindi, avete una posizione privilegiata dalla quale potete osservare le evoluzioni del settore della filantropia in Francia. Potete fornirci i dati principali del settore, in termini di presenza di fondi e fondazioni? Quali sono gli ambiti d’intervento principali ?

Il numero totale di fondazioni e fondi di dotazione in Francia al 31 dicembre 2017, secondo l’Observatoire de la Philanthropie, era di 4.858 soggetti. Tra questi enti, 322 aderiscono al Centre Français des Fonds et Fondations (CFF).

Nel 2013, vi erano 2.109 fondazioni e 1.568 fondi di dotazione. Le fondazioni detenevano 21,9 miliardi di euro di attivo, con 50 di queste che ne detenevano più di 100 milioni. I fondi di dotazione detenevano da 600 a 700 milioni di attivo. Le fondazioni hanno speso 7,4 milioni di euro l’anno, e hanno destinato 1,5 miliardi di euro agli aiuti, alle sovvenzioni, alle borse e ai premi.

I dati del 2013 mostrano anche gli ambiti di intervento delle fondazioni : il 29% risulta attivo nell’ambito sociale, il 18% nella sanità e nella ricerca medica, il 17% in arte e cultura, l’11% nell’insegnamento superiore, il 3% nell’ambiente, e infine il 4% nella scienza. Le evoluzioni sussistono, ma restano marginali.

 

Dal punto di vista giuridico, quali sono le forme di fondazioni in Francia ?

Per quanto riguarda le fondazioni in Francia, la fondazione “madre” è quella di origine, riconosciuta di pubblica utilità. La procedura per la creazione di una fondazione riconosciuta di utilità pubblica (FRUP) è molto lunga ed istituzionale. Il riconoscimento di utilità pubblica avviene tramite l’accordo tra il Primo Ministro attraverso decreto pubblico sulla Gazzetta Ufficiale, dopo che il Ministero dell’interno ha consultato i ministeri tecnici ed ha sottoposto il progetto di fondazione al parere consultivo del Consiglio di Stato.

Ad oggi, il numero di FRUP è arrivato a 650, ma l’andamento della loro costituzione è lento perché impone di mobilitare un capitale importante di circa 1,5 milioni di euro, e i tempi di creazione sono lunghi (a volte bisogna aspettare fino a tre anni).

Per ovviare alle difficoltà, il legislatore ha creato la fondazione d’impresa, per permettere alle imprese di impegnarsi in modo più semplice. Questo non vuol dire che un’impresa possa creare solamente una fondazione d’impresa (ad esempio, la fondazione di Crédit Agricole ha ottenuto il riconoscimento di utilità pubblica), ma vuol dire che può scegliere questa struttura più semplificata, che richiede un minimo di 150.000 euro su un periodo di 5 anni, ovvero una spesa minima di 30.000 euro annui.

Nella governance, non vi sono dei rappresentati dello stato, e il collegio dei fondatori può essere maggioritario. La Fondation Michelin, per esempio, ha un programma d’azione pluriennale (PAP) che mobilita 60 milioni di euro. La cifra di 150.000 euro corrisponde all’ammontare minimo per legge, ma evidentemente non corrisponde al massimo. Domandare almeno 5 anni di impegno è una sicurezza in favore dell’interesse generale : al momento della crisi nel 2008, le fondazioni che si erano impegnate nel 2007/2008 hanno mantenuto l’operato fino al 2012/2013, con un ruolo anticiclico notevole. Una fondazione d’impresa può anche avere tra i suoi fondatori un insieme di imprese dello stesso gruppo. Un esempio è la Fondation Mécène et Loire, che raggruppa 29 imprese le quali vogliono agire insieme per il bene comune. Queste imprese volevano lavorare sul territorio, ma erano troppo piccole per generare reale impatto sociale da sole: da qui è nata l’idea di lavorare insieme.

Il panorama in Francia è abbastanza ricco. La legge del 13 luglio 1987 sullo sviluppo del mecenatismo, che ha creato la fondazione riconosciuta di pubblica utilità, ha definito anche la fondazione sotto l’egida. Chiamate anche fondations abritées, le fondazioni sotto l’egida hanno il diritto di utilizzare il titolo di “fondazione” e devono essere ospitate da una fondazione ombrello. Non hanno personalità morale. Circa 80 fondazioni ospitano delle fondazioni sotto l’egida : le chiamiamo appunto fondations abritantes (fondazioni ombrello). Questo è il modello della Fondation de France. La fondazione sotto l’egida è interessante perché offre l’opportunità di ricevere dei fondi senza preoccuparsi dei “problemi” amministrativi. Questo modello è ideale per quei funders che desiderano liberarsi della gestione amministrativa da un lato, e dall’altro lato disporre di un accompagnamento durante il loro percorso filantropico. Offre anche al filantropo una comunità con la quale confrontarsi. Messe insieme, le fondazioni sotto l’egida rappresentano circa 1.400 fondazioni, senza contare quelle sotto l’egida della Fondation de France, che ammontano a 200.

Con lo sviluppo delle fondazioni territoriali, una delle prospettive sarà quella di offrire la possibilità di avere delle fondazioni ombrello a livello locale, e di offrire, su questa scala, sia alle PMI che ai filantropi, un metodo di azione collettiva e di valorizzazione della loro identità. Le fondazioni ombrello possono offrire loro questa combinazione.

Le fondazioni in Francia continuano ad aumentare: nel 2011 vi erano 901 fondazioni ombrello, e oggi ve ne sono 1.600. vi erano 293 fondazioni d’impresa, e oggi arrivano a 400. L’incremento di fondazioni ombrello e fondazioni d’impresa testimonia lo sviluppo di una cultura che non avevamo prima: la vocazione di fondazioni erogative (grant making). La maggior parte delle fondazioni originarie erano fondazioni operative, che gestivano ospedali, stabilimenti sanitari e medico-sociali ecc., quindi più delle charities che delle fondazioni erogative. Infatti, la cultura delle fondazioni erogative nasce nel XXI secolo. Stanno diventando popolari, quindi un tema su cui noi lavoriamo molto è il riconoscimento del mestiere di grant maker. Molte persone non comprendono il mestiere, e non si rendono conto fino a che punto sia strategico. Il mestiere di grant maker è nuovo e innovativo: fa appello sia all’empatia che alle competenze tecniche.

Tra il 2005 e il 2009, abbiamo avuto un Ministero dell’insegnamento superiore e della ricerca che è stato molto dinamico sul tema delle fondazioni. Ha creato la fondazione di cooperazione scientifica, la fondation partenariale e la fondazione universitaria, delle strutture giuridiche che hanno permesso alla materia filantropica di rientrare negli insegnamenti universitari.

Questo è stato importante per la messa in atto del Trattato di Lisbona e del Processo di Barcellona, quei due testi che raccomandano di investire il 3% del PIL nella ricerca, del quale un 1-2% preso dal settore privato. Noi non avevamo gli strumenti, quindi è stata una risposta ed una presa di coscienza.

Tra il 2008 e il 2009 vi è stato un avvenimento in Francia che ha cambiato lo stato delle cose, ovvero una legge proposta dal Ministero della finanza che ha istituito i fondi di dotazione.

Il fondo di dotazione non ha, in Francia, il diritto di portare la denominazione di fondazione, ma lavora nella stessa maniera. Si tratta di uno strumento che la Francia ha voluto rendere più flessibile, meno controllato. La procedura di creazione non passa attraverso il Consiglio di Stato, ma solo attraverso la prefettura, che controlla la missione d’interesse generale. Sono sufficienti 150.000 euro per crearlo. Ha i requisiti per ricevere delle donazioni, dei legati e tutti i finanziamenti privati, ma non finanziamenti pubblici. La sua creazione è molto rapida. Infatti, oggi i fondi di dotazione ammontano a 2.500. Rappresentano quindi la metà dell’insieme delle strutture. Vi sono dei fondi di dotazione abbastanza rilevanti, che hanno dei flussi e un patrimonio importanti, e altri meno considerevoli in termini di risorse. I fondi di dotazione sono molto liberi. Possono essere creati da chiunque, e offrono un’ampia libertà di governance (non vi è l’obbligo di avere dei rappresentanti dello stato), cosa che libera l’iniziativa e permette ai fondatori di essere rapidi e autonomi durante la gestione. Questa flessibilità permette alle imprese preoccupate della responsabilità societaria (che diventa sempre di più una responsabilità legale), di impegnare l’insieme delle loro parti interessate.

Vi sono comunque dei fondi di dotazione che propongono di accogliere altri fondi, cosiddetti “fondi dedicati”. È raro, ma lo possono fare. È il caso del Fonds de Dotation Transatlantique, un fondo di dotazione che offre la possibilità ai clienti di Banque Transatlantique di creare il loro strumento filantropico “sotto l’egida” del fondo di dotazione.

Questi due modelli sono la prova di cosa sta succedendo da noi, quindi bisogna seguirli. Gli intermediari della filantropia diventano sempre più numerosi, così come le fondazioni. Dal 2005, abbiamo cominciato ad avvicinarci alle banche e ai consulenti filantropici.  

Ogni cambiamento nel mondo della filantropia in Francia è collegato ad evoluzioni politiche importanti. Nel 2002, il Primo Ministro Jean-Pierre Raffarin ha fatto un discorso politico nel quale incoraggiava l’energia e le iniziative della società civile. Il fatto di mostralo così fortemente è stato una novità che ha avuto i suoi effetti, nel 2003, con la legge proposta dal governo e dal Ministro della Comunicazione Jean-Jacques Aillagon che ha modificato completamente la fiscalità del dono in una direzione molto favorevole.

 

Quando e come avete lanciato l’idea dei Cercles et Thèmes ? Ci piacerebbe conoscere i vantaggi principali per i partecipanti, e i casi di collaborazioni di successo nati grazie alla vostra azione di promotori di sinergie.

Quando ci siamo immaginati il Centre Français, abbiamo pensato a una casa comune, una famiglia comune ma con degli spazi differenti a seconda delle materie. Di fianco alle materie trasversali comuni a tutti, bisogna dividere in settori le materie di riflessione e i gruppi di lavoro, altrimenti le conversazioni diventano troppo generiche. La casa comune necessita di appartamenti e di materie specifiche. Lo scopo è anche lo scambio di buone pratiche.

Quindi, abbiamo creato dei Cercles di riflessione. Abbiamo dei Cercles negli ambiti di impegno, come il Cercle Handicap, il Cercle Environnement, il Cercle Economie Sociale et Solidaire, il Cercle Climat, il Cercle Culture. Il Cercle Education, che riunisce tutti i fondi e le fondazioni in questo settore, ha un’importanza particolare perché l’educazione è diventata una materia prioritaria e di grande preoccupazione in Francia.

Abbiamo anche dei Cercles che riflettono sulla maniera di operare, indipendentemente dalla loro forma giuridica: un Cercle per le fondazioni territoriali, un Cercle per le fondazioni che gestiscono istituti, un Cercle per l’insegnamento superiore e la ricerca, un Cercle per le fondazioni provenienti o vicine all’impresa, un Cercle per le fondazioni ombrello e un Cercle per le fondazioni si famiglia.

Ad esempio, il Cercle delle fondazioni ombrello riunisce degli organismi che desiderano favorire la conoscenza e l’informazione sui meccanismi di fondation abritante et fondation abritée, e sviluppare la loro competenza in materia di gestione di fondazioni sotto l’egida.

Un altro esempio sono le fondazioni di famiglia, con le quali abbiamo concluso un bel progetto. Abbiamo organizzato delle riunioni con una ventina di persone una volta ogni trimestre, con un piccolo pitch : le presentazioni duravano tre minuti, e poi vi erano altri tre minuti di domande con le persone attorno al tavolo. Se qualcuno era interessato, si poteva continuare la conversazione all’esterno.

Il problema dei Cercles è di trovare il metodo di sostenerli economicamente per poterli far funzionare. Stiamo riflettendo sulla maniera più efficace di continuare questo servizio.

 

Il Centre Français des Fonds et Fondations è stato creato nel marzo 2002 per iniziativa di sette fondazioni francesi : Fondation Apprentis d’Auteuil, Fondation Macif, Fondation Caisses d’Epargne pour la solidarité, Fondation de France, Fondation Hippocrène, Fondation pour la Recherche Médicale, Institut Pasteur. Quindici anni dopo, quali sono stati i risultati più importanti e quali sono le sfide che vi aspettano ?

Abbiamo iniziato nel 2002 con 7 fondazioni fondatrici, che insieme hanno portato alla creazione del progetto. Mi ricordo che, all’epoca, le fondazioni non si riunivano mai, non sapevamo quante ce ne fossero perché non vi erano dei luoghi di incontro in Francia. All’epoca eravamo tutti insieme, associazioni e fondazioni. Non avevamo del tutto raggiunto le specificità delle fondazioni, e non disponevamo quasi di nessuna documentazione su di esse.

Il primo successo è stato di aver permesso il riconoscimento del settore, cosicché le persone pensino alle fondazioni e alle associazioni come a due entità differenti. Il panorama è veramente cambiato anche grazie alla penetrazione delle fondazioni nello spazio pubblico. Le conversazioni sono diventate più forti e dinamiche, e gli scambi di buone pratiche sono diventati più frequenti.

I nostri scambi internazionali si sono notevolmente aperti. Rappresentiamo le fondazioni in seno al Conseil Supérieur de l’Economie Sociale et Solidaire (CSESS) della Chambre Française des Syndcats etc. Vi è una vera consolidazione delle fondazioni per la società. Quest’aspetto è nuovo, c’è un certo numero di fondazioni operative o miste che non facevano sentire la loro voce, che non intervenivano nel dibattito pubblico. Oggi, vi contribuiscono eccome, e hanno un approccio più militante.

 

 

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