Dal Kenya un modello di venture philanthropy in cammino verso la filantropia strategica

L’intervista a Consolata Gituto, Managing Trustee del Mwangaza Trust

Dal Kenya un modello di venture philanthropy in cammino verso la filantropia strategica

Il Mwangaza Trust è un’organizzazione non profit di famiglia, costituita nel 2011 e registrata in Kenya come LBG Company, che lavora per l’empowerment e la trasformazione delle condizioni di vita delle persone più vulnerabili in Africa. La parola “mwangaza” in Swahili significa “luce”, un concetto rappresentativo del cambiamento che i fondatori del trust vogliono portare nel continente.

Abbiamo discusso con Consolata Gituto, co-fondatrice e managing trustee del Mwangaza Trust, nominata nel 2013 tra le “50 most successful and influential business people” del Kenya. Nell’intervista abbiamo approfondito caratteristiche e sviluppi delsettore filantropico africano, e possiamo anticiparvi in esclusiva il lancio della Kenya Philanthropy Association.

Come sono organizzate attualmente le fondazioni private in Kenya?

Al momento è presente solo un’associazione regionale, la East Africa Association of Grant Maker (EAAG) che copre Uganda, Kenya, Tanzania, Rwanda. Ma sono lieta di annunciarvi che sto lavorando con altri partner per lanciare nel 2017 la Kenya Philanthropy Association, per avere per la prima voltaun’organizzazione nazionale che racchiuda e rappresenti tutte le fondazioni private del nostro Paese.

Negli ultimi 10 anni l’interesse verso una filantropia veramente efficace, in grado di creare un profondo cambiamento sociale, è molto aumentato: è il momento giusto per costituire un organismo nazionale che possaaiutare le fondazioni ad essere più impattanti, offrendo training e supporto consulenziale per aumentare le loro capacità strategiche.

Quali sono a suo avviso le principali differenze tra la filantropia in Africa e in Europa?

Credo che il punto principale sia nel grado di formalizzazione della pratica filantropica: gli africani sono molto propensi all’aiuto del prossimo, alla filantropia, e molto legati alla propria comunità – ma dobbiamo fare molti passi avanti per quanto riguarda l’attenzione a un giving realmente strategico e alla creazione di organizzazioni strutturate, strategiche, e sostenibili.

Può illustrarci le ragioni e le dinamiche che hanno portato alla nascita della sua fondazione?

Io e mio marito abbiamo avuto la fortuna di studiare e ultimare l’università, una situazione poco comune per molte persone in Kenya. Per questo abbiamo deciso di avviare la nostra attività filantropica concentrandoci su questa tematica, cercando di mettere in connessione le nostre comunità per rispondere a urgenti bisogni sociali nazionali.

A settembre 2011 abbiamo avviato il processo per registrare legalmente la nostra organizzazione in Kenya, e siamo riusciti ad avviare le nostre attività dall’anno successivo. La scelta della forma giuridica del trust origina da una riflessione sulle modalità migliori per la nostra famiglia di promuovere un modello non profit, dato che siamo anche proprietari di un’impresa privata.

Come avete definito i settori di intervento e quali sono i principali progetti avviati?

Come dicevo abbiamo guardato ai bisogni più immediati della nostra comunità. Ci sono tantissime criticità ma a nostro avviso l’educazione era la principale: dopo i confronti con i principali leader locali abbiamo avviato il nostro primo programma. Ad oggi il Mwangaza Trust ha elargito 145 borse di studio per ragazzi bisognosi per garantire la frequenza della scuola superiore e universitaria. Inoltre tutti i ragazzi assistiti ricevono anche un’assistenza sistematica a livello di mentorship e counselling, allo scopo di accrescere le loro competenze in modo olistico e metterli nelle condizioni di affrontare le sfide attuali. Il 45% del nostro budget è dedicato a questo programma.

Successivamente abbiamo deciso di avviare il modello delle “demonstration farms” come nel caso del progetto di coltivazione delle cipolle a Nanyuki. Le cipolle sono state scelte per far fronte all’aridità del terreno locale e, grazie alla partnership con Farm Concern International, siamo stati in grado di applicare il “Commercial Village Model” – una dinamica implementata con successo in molte aree africane per fornire training finanziario e agricolo. Grazie a questo programma, i coltivatori sono passati da un guadagno di 10$ per mezzo acro a stagione a 700$: il Mwangaza Trust ha finanziato tutte le attività di training mentre Taifa Sacco è entrato come partner finanziario con prestiti diretti agli agricoltori per avviare la coltivazione dopo gli 8 mesi di alfabetizzazione finanziaria.

Infine abbiamo condotto un progetto di sicurezza alimentare a Muranga per 24 allevatori, fornendo a ciascuno una capra: questo pilota ha permesso di far emergere le sfide alla luce delle limitate abilità tecniche nella gestione del bestiame e nella cura veterinaria, ma grazie alla partnership con il Governo le stiamo affrontando e stiamo per espandere il programma a molte altre persone. Inoltre, grazie a un meccanismo di credito, possiamo continuare a sostenere gli allevatori anche nel momento in cui hanno appena raggiunto un primo modello sostenibile di business.

Ci siamo incontrati alla EVPA Conference: vi considerate un’organizzazione di venture philanthropy? Come misurate il vostro impatto sociale?

Direi di si, rispondiamo ai canoni della venture philanthropy. Offriamo alla comunità tutte le risorse necessarie per far sì che abbiano successo, coprendo ad esempio i costi di convegni e training e fornendo mezzi di trasporto.

Nei nostri primi cinque anni non abbiamo creato un sistema di misurazione dell’impatto sociale, perché abbiamo lavorato ogni giorno sul campo a fianco della comunità e confrontandoci regolarmente per discutere conseguimenti e gap. Abbiamo quindi a oggi una rilevazione diretta del nostro impatto in termini di miglioramento dei risultati accademici degli studenti, accresciuta autostima, maggior frequenza scolastica e, per quanto riguarda il settore agricolo e dell’allevamento, migliori condizioni di housing e maggiore capacità di far fronte alle spese giornaliere  (in termini ad esempio di rette scolastiche e medicine) – tutti fattori che hanno accresciuto la qualità della vita dei nostri beneficiari.

Dopo questi primi cinque anni, abbiamo avviato un processo di revisione: anche se siamo soddisfatti dei nostri risultati sul campo, ci sono ancor molti gap che dobbiamo affrontare. Abbiamo appena ultimato il nostro piano strategico quinquennale in cui miriamo a scalare gli interventi in essere, replicandoli in nuove regioni e risolvendo le problematiche riscontrate. Stiamo anche lavorando per potenziare la nostra capacity organizzativa, in termini di sviluppo dello staff, standardizzazione delle procedure e implementazione di sistemi e processi che comprendano anche la misurazione dell’impatto sociale. Per questo stiamo cercando partner, in Kenya e all’estero: abbiamo una forte conoscenza delle criticità locali e siamo pronti a scalare il nostro impatto per raggiungere milioni di persone vulnerabili in Africa. Anche per questo, per dedicarmi a tempo pieno alla Fondazione, ho abbandonato la gestione giornaliera della nostra impresa.

Consolata Njeri Gituto

Consolata Njeri Gituto è Managing Trustee del Mwangaza Trust, una fondazione di famiglia che mira all’empowerment sociale ed economico. Ha una vasta esperienza in diversi settori grazie ai ruoli di management ricoperti in diverse imprese, come Glaxo Smithkline, e Price WaterhouseCooper. È anche director di Acacia Ventures, investment company di famiglia, e di Resorts and Cities Limited, impresa di sviluppo immobiliare.

Per maggiori informazioni http://www.mwangazatrust.org/

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