Considerazioni fiscali in relazione alla filantropia internazionale

La filantropia internazionale sta assumendo un ruolo di sempre maggiore importanza ma molto spesso la normativa fiscale ne impedisce l’equivalenza alle donazioni effettuate a livello nazionale. Jacopo Crivellaro analizza l'evoluzione del contesto europeo, le condizioni per donare da e verso l'Italia, e le soluzioni ad oggi a disposizione dei donatori

Considerazioni fiscali in relazione alla filantropia internazionale

La filantropia internazionale – vale a dire, la scelta di disporre atti di liberalità a favore di enti non profit residenti in uno Stato diverso da quello di residenza fiscale del donatore, o la scelta da parte di enti non profit di perseguire operazioni in uno Stato diverso dal proprio Stato di appartenenza – sta assumendo un ruolo di sempre maggiore importanza nella società moderna.

Ciononostante, la filantropia internazionale evidenzia una tensione apparente fra le politiche e gli incentivi fiscali – questi ultimi spesso orientati ad incoraggiare liberalità esclusivamente a favore di enti residenti nello Stato di residenza fiscale del donatore – e la sempre più accentuata “internazionalizzazione” della società – in cui è sempre più comune avere legami con Stati terzi. Ne consegue che, mentre un numero sempre più elevato di donatori desidera effettuare donazioni a favore di enti non profit in Stati terzi, molto spesso la normativa fiscale ne impedisce l’equivalenza a donazioni di carattere esclusivamente nazionale (dove il donatore e il donatario sono residenti fiscali nello stesso Stato). Allo stesso modo, enti non profit che operano internazionalmente (principalmente con l’obiettivo di perseguire strategie di diversificazione di investimento dei propri utili) non sempre possono beneficiare di un trattamento fiscale analogo a quello riservato ad enti che sono invece costituiti ed operano nel medesimo Stato.

1. Evoluzioni transnazionali nel contesto europeo

Negli ultimi venti anni la Corte di Giustizia Europea si è espressa varie volte sull’obbligo degli Stati Membri dell’Unione di non introdurre disposizioni discriminatorie nei riguardi degli atti di liberalità transnazionali o a scapito delle operazioni internazionali di enti non profit.

Nella sentenza Stauffer, per esempio, la Corte ha stabilito come la Germania non potesse negare al Centro di Musicologia Walter Stauffer di beneficiare dell’esenzione dall’imposta sui redditi che era altrimenti accessibile ad enti non profit residenti in Germania, per il solo motivo di essere un ente non residente ai sensi della normativa fiscale tedesca. [1]  Nella sentenza Persche, la Corte ha argomentato come un residente fiscale tedesco abbia il diritto di richiedere una deduzione fiscale per una donazione effettuata a favore di un ente non profit residente in Portogallo beneficiando delle stesse condizioni – inclusi gli sgravi fiscali – che sarebbero disponibili se la donazione fosse stata effettuata a favore di un ente non profit residente in Germania. [2]

Tuttavia, questo principio si applica a condizione che il donatario sia assimilabile ad un ente non profit tedesco. Infatti, la Corte ha stabilito che uno Stato Membro dell’Unione non è tenuto ad estendere automaticamente i benefici fiscali a tutti gli enti non profit situati nell’Unione Europea (anche se riconosciuti come tali nel loro paese di appartenenza), ma è tenuto a trattare in maniera paritaria enti non profit residenti in uno Stato Membro dell’Unione laddove le attività intraprese dall’ente siano equiparabili ad attività di pubblica utilità che, se perseguite da enti non profit residenti, beneficerebbero di sgravi fiscali. [3]

Dieci anni dopo queste sentenze, rimangono ancora molti ostacoli che impediscono lo sviluppo effettivo di una filantropia transnazionale nel contesto europeo. Lo studio dell’European Foundation Centre e Transnational Giving Europe, “Boosting Cross-Border Philantropy in Europe“, riporta le esperienze di vari operatori del settore, ed elenca problematiche tuttora irrisolte. [4] Per esempio, viene criticata l’assenza di linee guida, ed il ritardo nel processare, richieste per il rimborso di imposte trattenute alla fonte per enti non profit. Inoltre, rimane tuttora molta incertezza nel determinare se un ente sia sufficientemente “comparabile” ad un ente non profit residente, permettendo così ad un donatore di beneficiare di sgravi fiscali. [5]

 

 2. Condizioni che si applicano a un donatore italiano che vuole donare a favore di un ente non profit italiano o un ente non profit straniero

La normativa fiscale relativa alle liberalità filantropiche è stata oggetto di una modifica importante nel 2017. A partire dal 1 gennaio 2018, una persona fisica residente in Italia che effettua erogazioni liberali a favore di enti del terzo settore può beneficiare di una detrazione del 30% degli oneri sostenuti dal contribuente (o 35% nel caso di organizzazioni di volontariato), fino a un massimo di 30.000 Euro per ciascun periodo di imposta. In alternativa, donazioni in denaro o in natura sono deducibili da persone fisiche, enti o società fino al 10% del reddito complessivo dichiarato. [6] Viene anche mantenuta l’esenzione dalle imposte sulle successioni e donazioni per trasferimenti a titolo gratuito effettuati a favore di enti del terzo settore.

La Circolare 24/E del 26/06/2006 dell’Agenzia dell’Entrate prevedeva che nulla vieta il riconoscimento della qualifica di ONLUS a favore degli enti residenti all’estero e, quindi, alla possibilità che gli stessi siano ammessi a beneficiare del relativo regime agevolativo. Questa circolare non è stata ancora aggiornata per tenere conto dei cambiamenti a seguito della riforma del 2017. Purtuttavia, la ratio delle sentenze della Corte di Giustizia Europea dovrebbe assicurare che anche in futuro liberalità a favore di enti non profit non residenti che sono “comparabili” ad enti residenti italiani – e quindi soddisfino i requisiti per essere considerati enti del terzo settore – possano beneficiare di un trattamento analogo.

 

3. Condizioni che si applicano a un donatore straniero che vuole donare in Italia

Un donatore straniero che desideri effettuare donazioni ad un ente non profit riconosciuto esclusivamente in Italia e che punti ad ottenere degli sgravi fiscali deve adempiere alla normativa fiscale del proprio paese di appartenenza. In alcune giurisdizioni, una deduzione fiscale a favore di un ente non profit è ammissibile solamente qualora l’ente fosse iscritto presso un registro di organizzazioni non profit riconosciute dall’agenzia fiscale nazionale (siffatto obbligo di registrazione comporta degli oneri non indifferenti per l’ente, ma reca con sé l’importante vantaggio di dare chiarezza ad un potenziale donatore riguardo alle conseguenze fiscali di un atto di liberalità). In altre giurisdizioni, può essere auspicabile informare l’agenzia fiscale preventivamente, in modo da stabilire con un accordo l’attuabilità di un’eventuale detrazione fiscale.

Per ovviare a queste complessità, in alcune circostanze l’organizzazione non profit può scegliere di creare un ente affiliato nei principali paesi di residenza dei propri donatori; ciò peraltro comporta inevitabilmente l’adeguamento dell’ente alla normativa locale sulle organizzazioni non profit (che può essere diversa dalla normativa del paese di appartenenza dell’ente a capo della struttura). In aggiunta, ci sono naturalmente i costi inerenti alla costituzione e gestione di entità affiliate.

Va anche ricordato come non vi sia uniformità nella normativa fiscale dei vari Stati (incluso, fra i paesi Membri dell’Unione Europea) per quanto riguarda i criteri necessari per la deducibilità fiscale. Infatti, la normativa fiscale non è uniforme nel determinare cosa sia deducibile (vale a dire, se la donazione di alcuni beni sia o meno idonea a beneficiare di uno sgravo fiscale), e neanche nello stabilire a quanto ammonti l’ammontare dell’incentivo fiscale (per esempio, nel caso di una liberalità può variare a seconda del fatto che la deduzione sia calcolata sul valore di acquisto o il valore di mercato del bene oggetto della deduzione). In molte giurisdizioni vi è inoltre un limite sull’ammontare deducibile per ciascuna liberalità, calcolato con riferimento al reddito complessivo dichiarato del contribuente fiscale. Tale limite può variare a seconda dello status dell’ente non profit donatario (a seconda se sia un ente di pubblica utilità o una fondazione privata, nella terminologia anglosassone, questa è la distinzione tra public charity or private foundation); ma può anche variare a seconda del bene oggetto della liberalità (a seconda se siano contanti o beni in natura). Molti Paesi inoltre non riconoscono la legittimità di una deduzione fiscale laddove il donatore mantiene un interesse nell’oggetto della liberalità (ad esempio, mantenimento dell’usufrutto su una proprietà trasferita ad un ente non profit).

In alcuni paesi, la forma in cui viene effettuata la liberalità può assumere grande rilevanza. Per esempio, nei Paesi Bassi, una donazione filantropica effettuata mediante un singolo versamento è deducibile fino al 10% del reddito imponibile del donatore. Questa limitazione non si applica invece ad una serie di deduzioni che si estendono per almeno 5 anni e rientrano nella tipologia di “donazioni periodiche”. [7]  Nel Belgio, invece, atti di liberalità filantropiche per un ammontare eccedente i 100.000 Euro devono essere approvate da un decreto reale a meno che il trasferimento non avvenga per mezzo di un don manuel (vale a dire, attraverso un effettivo trasferimento fisico dell’oggetto della donazione dal donatore al donatario).[8]

Per questo motivo, è importante pianificare attentamente l’esecuzione di liberalità filantropiche in modo da assicurarsi il rispetto degli obiettivi filantropici del donatore.

 

4. Soluzioni oggi presenti (e possibili evoluzioni)

Per incentivare la filantropia internazionale ed ovviare agli ostacoli normativi e fiscali che sono stati accennati in precedenza, sono state sviluppate diverse soluzioni.

Per esempio, negli Stati Uniti, la costituzione di organizzazioni non profit statunitensi validamente riconosciute dall’agenzia fiscale statunitense e che operano quali società affiliate di enti non profit internazionali permette ai residenti fiscali statunitensi di beneficiare di deduzioni fiscali e, allo stesso tempo, di perseguire obiettivi di filantropia internazionale. Non sarebbe invece possibile per un residente fiscale statunitense beneficiare di una deduzione dall’imposta dei redditi per donazioni a favore di organizzazioni non profit che non sono costituite negli Stati Uniti e riconosciute quali non profit dall’agenzia fiscale.

Nel contesto europeo, un progetto simile è intrapreso da Transnational Giving Europe, un ente che collabora con varie organizzazioni filantropiche in Europa, e consente ai donatori di effettuare liberalità a favore di organizzazioni non profit di altri Stati Membri, beneficiando dei vantaggi fiscali previsti dalla legislazione del proprio paese di appartenenza.

In futuro sarebbe da augurarsi un’evoluzione della normativa fiscale del terzo settore che permettesse a donazioni filantropiche di essere elargite liberamente anche ad enti non profit situati in terzi Stati. Per risolvere le difficoltà insite nella nozione di “comparabilità”, si potrebbe immaginare una definizione europea di “organizzazione non profit” (anche se attuata a livello di “soft law”). Questo avrebbe il vantaggio di proporre un singolo criterio unificato in tutta l’Unione Europea per determinare quando sono perseguibili benefici fiscali per liberalità transnazionali. Nel contesto mondiale – all’infuori dell’Unione Europea – un incentivo per la filantropia internazionale potrebbe essere perseguito mediante accordi fiscali internazionali. Per esempio, la convenzione contro la doppia imposizione fra gli Stati Uniti e la Germania e fra gli Stati Uniti e i Paesi Bassi contiene una clausola che prevede il riconoscimento reciproco di enti non profit. [9]

 


[1]
C-386/04 (Centro di Musicologia Walter Stauffer).

[2] C-318/07 (Persche v Finanzamt Lüdenscheid).

[3] C-386/04 (Centro di Musicologia Walter Stauffer), paragrafo 40.

[4] European Foundation Center, Transnational Giving Europe, Boosting Cross-border Philanthropy in Europe, accessibile al sito: http://www.efc.be/news/efc-and-transnational-giving-europe-tge-launch-new-publication-on-boosting-cross-border-philanthropy-in-europe/

[5]Boosting Cross-border Philanthropy in Europe, pagina 13.

[6] È inoltre previsto un social bonus che consiste in un’agevolazione per erogazioni liberali a favore di enti del terzo settore che presentano progetti di recupero di beni immobili pubblici o di beni immobili e mobili sequestrati alla mafia, e consiste in un credito d’imposta del 65% delle erogazioni effettuate per le persone fisiche e del 50% per enti e società.

[7] Legge sull’imposta dei redditi olandese del 2001, art. 6.32 et seq.

[8] Codice civile belga, art. 948.

[9] Convention Between the United States of America and the Federal Republic of Germany for the Avoidance of Double Taxation and the Prevention of Fiscal Evasion with Respect to Taxes on Income and Capital and Certain Other Taxes, agosto 29, 1989, art. 27; Convention Between the United States of America and the Kingdom of the Netherlands for the Avoidance of Double Taxation and the Prevention of Fiscal Evasion with Respect to Taxes on Income, dicembre 18, 1992, art. 36.

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