La filantropia nel mondo arabo. Scenario ed evoluzione con Naila Farouky

La filantropia nel mondo arabo. Scenario ed evoluzione con Naila Farouky

Di nazionalità egiziana, Naila Farouky è CEO e Executive Director dell’Arab Foundations Forum, nato per rispondere al rapido aumento del numero di organizzazioni filantropiche della regione araba. L’associazione riunisce 25 fondazioni filantropiche con l’intento di promuovere pratiche di filantropia strategica e una cultura efficace del giving.

In bilico tra innovazione e tradizione, la filantropia nei Paesi Mena (Mediterraneo e Nord Africa) si gioca sui contrasti – da una parte, la grande crescita del numero di player negli ultimi anni, anche a seguito della Primavera Araba, e l’aumento di attenzione verso le moderne pratiche della filantropia strategica, dall’altra un forte radicamento storico che mantiene nella maggior parte dei casi la cultura del dono all’interno della dimensione religiosa e l’assenza di significative rilevazioni statistiche nel settore.

 

 

Dalla vostra prospettiva priviliegiata, può darci una dimensiona della filantropia nella regione araba?

Delle maggiori sfide del settore filantropico nel contesto arabo si riscontra proprio nella mancanza di dati e informazioni precise sul numero di fondazioni e sull’ammontare esatto delle erogazioni liberali. Ancora più indicativa è l’assenza di dati generati e rilevati a livello nazionale: gli studi sono praticamente inesistenti anche perché, con poche eccezioni, le istituzioni arabe e i donatori non finanziano la ricerca. La mancanza di metriche o indicatori utilizzati in altre parti del mondo rende difficile quantificazioni significative del giving: non essendoci un rapporto di accountabilitytra donatore e ricevente, è complicato misurare l’impatto e anche tracciare la traiettoria delle risorse allocate.

Questo può essere in parte spiegato tenendo conto che la donazione viene considerata particolarmente meritevole quando è anonima: la filantropia individuale gioca un ruolo dominante nella regione araba e risponde in buona parte a un senso di dovere che scaturisce da una prospettiva religiosa. Nell’Islam, ad esempio, l’atto di donare (detto zakat) rappresenta uno dei cinque pilatri religiosi ed è d’obbligo per i mussulmani: è però l’umiltà a valorizzare questa pratica, e proprio per questo “pubblicizzare” la propria donazione e il proprio impegno filantropico viene scoraggiato. Questo a dispetto del fatto che, tradizionalmente, la regione araba può contare su una ricca cultura filantropica, soprattutto nei settori dell’educazione, della sanità e nel supporto allo sviluppo economico.

Negli ultimi dieci anni, registriamo inoltre un trend crescente a favore delle aree riguardanti la parità tra sessi, la giustizia e la coesione sociale. In particolare, c’è stata una proliferazione di fondazioni e altre organizzazioni proattive nel cercare di fornire strumenti di sviluppo ai giovani. Quest’attenzione è facilmente comprensibile se consideriamo un paio di dati statistici: con 22 Paesi, la regione comprende circa 395 milioni di persone (5.5% della popolazione globale) e di questi circa il 30% sono giovanissimi (tra i 15 e i 29 anni), una percentuale in crescita.

Infine, recentemente e in particolare nei Paesi del Golfo, si è verificata un’improvvisa impennata nel numero di famiglie high net worth che pubblicamente hanno deciso di destinare la maggior parte, o tutta, la propria ricchezza a cause benefiche creando una sorta di “eredità filantropica” che non ha precedenti.

 

E per quanto riguarda le pratiche di responsabilità sociale?

Prendendo in esame il mondo corporate, se escludiamo alcuni Paesi in cui le imprese ricevono incentivi fiscali per implementare pratiche di responsabilità sociale, non esistono sgravi fiscali formalizzati. Nonostante ciò, nella maggior parte dei casi, i modelli di CSR e di corporate philanthropy si muovono su logiche e su livelli di sofisticazione molto simili a quelli nel resto del mondo. La più rilevante differenza, nel caso di imprese e banche attive nella regione araba, è riscontrabile nei servizi addizionali implementati in occorrenze religiose, come nel caso della attività focalizzate sul Ramadan.

 

Percepite differenze negli ultimi anni, sopratutto a seguito della Primavera Araba?

Dunque, abbiamo assistito a una rimarchevole proliferazione di fondazioni, ONG e altre entità grantmaking nei Paesi MENA, prevalentemente attivi sui temi dell’educazione, dello sviluppo economico, dell’empowerment femminile e della giustizia sociale.

Mi soffermo sui trend di tre Paesi chiave della Primavera Araba: Libia, Tunisia eEgitto. In Libia, a causa dell’assenza totale di un’infrastruttura filantropica sotto il vecchio regime, la società civile si sta costituendo da zero e questo presenta al contempo enormi sfide e opportunità. In Tunisia, abbiamo assistito a un mutamento nell’attenzione, dove alle associazioni culturali si stanno affiancando organizzazioni di sviluppo e dove si registra un forte impulso all’espansione di una già presente società civile. In Egitto il processo è più complicato, considerata la profondità delle relazioni associative, economiche, culturali e sociali, ma stanno emergendo nuove iniziative e la ristrutturazione della società civile si sta accompagnando a un più ampio dibattito che comprende la religione e che potrebbe portare a un maggiore coinvolgimento dei cittadini e alla liberazione degli sforzi filantropici dalle restrizioni culturali. Anche se la più recente bozza di legge sulle ONG in Egitto rappresenta un passo indietro, dato che innalza il controllo statale e restringe severamente i finanziamenti dall’estero – quello che accomuna questi Paesi è proprio questa ricerca di riforma dell’ambiente normativo e di sviluppo della società civile laica.

 

Si riscontra un’evoluzione verso approcci più strategici alla filantropia? I nuovi filantropi sono più sensibili a queste nuove logiche?

Possiamo sicuramente sostenere che esiste un trend positivo di crescita strategicadel settore filantropico, un concetto che si sta radicando e rappresenta un obiettivo primario per il settore intero. Probabilmente, sono proprio le numerose sfiide che ci troviamo ad affrontare nella regione ad aver dato un grande impulso innovativo che forse altrimenti non avrebbe trovato motivazioni altrettanto forti.

Sicuramente registriamo un incremento in programmi maggiormente mirati e strategicamente allineati, così come a nuovi modelli che si ispirano al social investment – ad esempio la Emirates Foundation che adotta un approccio di venture philanthropy e di partnership con i settori pubblico e privato per creare un impatto positivo e sostenibile – o alla finanza sociale, anche se nella maggior parte dei casi l’intervento filantropico rimane legato ad approcci più tradizionali basati sulla pura filantropia.

In qualità di organizzazione di supporto per un network di fondazioni, l’AFF sta promuovendo i concetti di misurazione dell’impatto sociale, del capacity building e della documentazione e rendicontazione dei risultati – e delle sfide – sotto forma di case study e paper di ricerca,  prioritari per diffondere concreti strumenti di sviluppo al nostro network e a tutto il settore. Non ho dubbi – la costruzione di un settore più impattante e sostenibile è una priorità non solo per i nostri membri ma per tutti. Non si tratta di una semplice dicotomia tra “vecchi” e “nuovi” filantropi più inclini a queste logiche – registriamo un’evoluzione verso i concetti di filantropia strategica e impact investing in tutta la regione in maniera generalizzata.

La sfida maggiore per il conseguimento di questi obiettivi è riscontrabile nel fatto che, in molti casi, i contesti locali non sono ancora sufficientemente sviluppati per permettere queste logiche. La nostra soluzione consiste nel trovare strade di advocacy a favore di mutamenti significativi all’interno della società civile, identificando i giusti partner e gli “sponsor” che possano promuovere questi cambiamenti, comprendendo come modificare i parametri in cui ci muoviamo – e ovviamente tenendo a mente che questa evoluzione potrà solo avvenire col tempo lavorando con perseveranza e pazienza.

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