Il contributo di Patrick Elmer, docente nel corso executive in Social Impact Investing (18-19 maggio)

ll fondatore di iGravity-Impact Investment analizza le opportunità del settore per diverse tipologie di attori - come Fondazioni, ONG e imprese - evidenziandone dinamiche e motivazioni alla base.

Il contributo di Patrick Elmer, docente nel corso executive in Social Impact Investing (18-19 maggio)

L’Impact investment è un concetto relativamente nuovo ma che oggi trova spazio abbondante nelle copertine dei giornali e di riviste specializzate. L’idea di usare capitale privato per investimenti che generano un impatto sociale e ecologico oltre che a un rendimento finanziario è certamente allettante, se non un vero e proprio cambio di paradigma per tanti attori abituati a fare una separazione netta tra finanza e filantropia. D’altronde servono idee nuove per fare fronte alla povertà che sussiste in tanti Paesi e per realizzare gli obiettivi di sviluppo per cui, secondo le stime delle Nazioni Unite, mancherebbero 2.5 trilioni di dollari all’anno.

Diversi attori si stanno muovendo intorno all’impact investment, spinti da motivazioni e dinamiche assai diverse. Per le Fondazioni è un’opportunità per aumentare fortemente l’impatto desiderato mettendo a lavorare oltre che al bilancio annuale anche una parte del patrimonio. È di poche settimane fa l’annuncio della Ford Foundation di voler investire un miliardo di dollari del proprio patrimonio in investimenti ad impatto sociale, piuttosto che in società quotate in borsa.

Le banche anche potrebbero giovare un ruolo chiave nello sviluppo di prodotti e nell’intermediazione di capitale. Vengono spinte dalla propria clientela privata, in primis gli High Net Worth Individuals desiderosi di contribuire con il proprio capitale a risolvere alcuni dei grandi problemi sociali soprattutto perché questi strumenti realizzano anche un reddito interessante e non sono correlati con le borse mondiali.

Anche tante ONG, come per esempio Oxfam, vedono nell’impact investment un’opportunità per aumentare l’impatto – se fatto in modo scrupoloso – generando per esempio nuove risorse dal settore privato e sostenendo iniziative impresarie innovative.

Infine, anche le grandi multinazionali si muovono. Ne sono un esempio Unilever o Louis Dreyfus che usano l’impact investment per rafforzare le proprie catene di valore, migliorare le condizioni di vita dei contadini nei paesi in via di sviluppo e assicurarsi così un approvvigionamento più stabile di materie prime nonché tracciabile e di qualità superiore. In ogni caso siamo appena agli inizi e il viaggio sarà lungo, lo testimonia che i 100 miliardi di dollari investiti oggi nel settore rappresentano meno del 1% del patrimonio finanziario globale.

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