Il contributo di Mariarosa Scarlata, tra i relatori del corso executive in Effective Philanthropy (15-16 giugno)

Come sviluppare un business model per rendere l'organizzazione una realtà investibile e quali sono i fattori di successo di una partnership tra venture philanthropist e non profit? Lo abbiamo chiesto a Mariarosa Scarlata, Lecturer in Entrepreneurship presso la University of Surrey

Il contributo di Mariarosa Scarlata, tra i relatori del corso executive in Effective Philanthropy (15-16 giugno)

Quali sono i driver principali per una ong per sviluppare un business model investibile?

Tradizionalmente il mondo delle ong è stato sempre separato in maniera netta da quello dell’impresa tradizionale, che invece ha un proprio business model il cui obiettivo è quello di produrre utili. Questa separazione è andata attenuandosi nel corso degli ultimi decenni a causa del progressivo ridursi delle donazioni da parte di enti pubblici e privati.

Le imprese sociali che dimostrano di aver sviluppato un business model investibile sono imprese che sono in grado di creare al contempo valore economico e sociale. Gli investitori tendono a preferire imprenditori sociali che abbiano sviluppato conoscenze e competenze tipiche del settore sociale ma anche di quello commerciale. Questi imprenditori devono essere fortemente interessati ed intenzionati a far crescere la propria ong, o impresa sociale, in maniera tale da massimizzare l’impatto dell’impresa da essi fondata. Per realizzare tali obiettivi è necessario avere una visione di lungo periodo.

A livello di business, l’ong deve essere in grado di analizzare la propria posizione all’interno del mercato sociale di riferimento, conoscere i competitors, avere una strategia di sviluppo aziendale chiara, concreta e realistica. In alcuni casi, gli investitori richiedono all’impresa evidenza del fatto che stia già creando impatto sociale.

 

 Quali sono le competenze su cui una fondazione deve investire per operare attraverso modalità di sostegno venture philanthropy?

Venture philanthropy oggi significa innanzitutto confrontarsi con un modello di finanziamento del settore sociale che aiuti le imprese finanziate a sviluppare un business model sostenibile e scalabile. Per raggiungere tali obiettivi, l’investitore di venture philanthropy apporta sia capitale finanziario che supporto strategico-manageriale, richiedendo in cambio una rendicontazione, in primis, dei risultati sociali, ma anche di quelli economici (cosiddetto modello “blended”). L’investitore di venture philanthropy deve quindi avere maturato competenze e conoscenze che appartengono sia al mondo sociale che a quello commerciale.

In particolare, da una ricerca condotta nel 2015 in Europa e negli Stati Uniti, questi investitori tendono ad avere un livello di istruzione post-laurea in ambito umanistico (scienze sociali, letteratura, filosofia). La maggior parte di essi hanno completato un percorso di studi in ambito economico-aziendale, focalizzandosi su temi macroeconomici, di sviluppo sostenibile e internazionale. In pochi hanno studiato materie scientifiche, come medicina e ingegneria. Questo aspetto può essere un’opportunità soprattutto considerando le necessità di un investitore di venture philanthropy di assistere e supportare le imprese finanziate nello sviluppo di innovazioni sociali. Per quanto riguarda, invece, le competenze maturate tramite esperienze professionali, i venture philanthropist tendono ad essere stati essi stessi imprenditori (sia in ambito commerciale che sociale), dirigenti di multinazionali o fondazioni erogative e consulenti in società internazionali. Molti hanno maturato esperienze in agenzie governative di sviluppo e organizzazioni internazionali.

I dati rivelano anche come i fondi di venture philanthropy con obiettivi “blended” siano in grado di ottenere performance sociali ed economiche migliori qualora al proprio interno abbiano una forte presenza di capitale umano maturato in ambito economico-aziendale. Sebbene una conoscenza del mondo sociale, nonché delle sue peculiarità e delle sue logiche di funzionamento e linguaggio, sia essenziale per poter operare nel settore e per comprendere appieno il campo d’azione delle ong, l’investitore di venture philanthropy resta pur sempre un investitore. Quest’ultimo necessita, quindi, di conoscenze in ambito economico per essere in grado di leggere un business plan ed effettuare scelte di allocazione di fondi al miglior investimento sia in termini di rendimento sociale che economico. Inoltre il venture philanthopist deve essere anche in grado di selezionare lo strumento finanziario più adatto per effettuare quel particolare investimento in quella particolare impresa sociale, e capire le logiche di domanda e offerta di prodotti e servizi in modo tale da poter indirizzare l’impresa sociale nella direzione più appropriata per consertirne lo sviluppo e crescita.

 

Quali sono i fattori di successo per la partnership? 

Questa è una ottima domanda. Innanzitutto bisogna ricordare che successo per un venture philanthropist significa creare impatto sociale (e quindi ottenere un rendimento sociale) e allo stesso tempo riuscire a dismettere l’investimento realizzato.

Sappiamo ancora molto poco sui fattori di successo delle partnership tra imprese sociali e fondi di venture philanthropy. Uno dei motivi è che non esistono, attualmente, metodi di calcolo del rendimento sociale su cui vi sia comune accordo. Sappiamo però che un investimento viene considerato di successo se il rapporto tra l’impresa sociale finanziata e l’investitore raggiunge un punto in cui l’investitore non crede di poter aggiungere ulteriore valore. Non dimentichiamo che il venture philanthropist non apporta solo capitale, ma anche e soprattutto competenze strategico manageriali. Queste si possono classificare in: consulenza strategica, networking (accesso ad una rete di investitori futuri, nuovi partner), supporto organizzativo (gestione contabile-finanziaria, gestione delle risorse umane, marketing, ecc.) e mentoring. Queste attività sono chiaramente strettamente collegate e contribuiscono tutte allo sviluppo dell’impresa finanziata.

 

 

 

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