Le fondazioni di comunità: tra sviluppo locale e sguardo internazionale

Daniele Giudici illustra gli strumenti per leggere oggi con uno sguardo attento l’evoluzione del fenomeno della filantropia di comunità in Italia

Le fondazioni di comunità: tra sviluppo locale e sguardo internazionale

Prima un’esperienza nella Fondazione Allianz poi la direzione della Fondazione Lambriana (Diocesi di Milano) con la costante attività di avvio e consolidamento di alcune fondazioni comunitarie, essendo uno dei pochi italiani con una Fellowship presso il Centre on Philanthropy and Civil Society di New York. Consigliere di Assifero dal 2013 e da ultimo anche Global Fellow presso il prestigioso China Philanthrophy Institute di Pechino, Daniele Giudici ha maturato un’esperienza in grado di fornire gli strumenti per leggere oggi con uno sguardo attento l’evoluzione del fenomeno della filantropia di comunità in Italia.

 

Tra i fenomeni filantropici che in Italia stanno conoscendo una evoluzione particolarmente significativa vi sono certamente le fondazioni di comunità. Quali trend ha potuto constatare dal suo osservatorio privilegiato?

Grazie alla practice acquisita durante la Fellowship di New York, la visione sulle fondazioni di comunità si è ampliata moltissimo: se un tempo ci si concentrava solamente sul lato erogativo e sull’impostazione dei bandi, oggi si guarda al lungo periodo, focalizzando l’attenzione in particolare sulla governance – che deve essere lungimirante e attenta agli investimenti – e sui beneficiari, cercando di capire in che modo rispondere efficacemente ai bisogni sociali.

Le fondazioni di comunità oggi hanno un ruolo chiave nell’intercettare e rispondere all’esigenza di enti, singoli e famiglie di donare e di agire in trasparenza. Ero l’unico italiano nel 2014 a Cleveland, Ohio, per il Centenario di nascita delle fondazioni di comunità e ho avuto modo di osservare da vicino le differenze giuridiche e di contesto tra i due continenti, eppure un punto emergeva chiaramente come di primaria importanza per tutti: la capacità di interazione con la comunità.

Tra i trend più interessanti nel panorama delle fondazioni di comunità in Italia, vi è la sperimentazione dei Vital Signs (VS) sviluppata dalla Fondazione Comunitaria Nord Milano. Si tratta di un metodo che facilita il raggiungimento degli obiettivi complessivi di una Fondazione di comunità, partendo da quelli erogativi e valutativi, prendendo in considerazione dati statistici e indicatori concreti. Spesso diamo per scontato di conoscere tutte le caratteristiche della comunità in cui viviamo, ma è necessario potersi avvalere di dati puntuali e oggettivi rispetto a temi complessi come welfare, occupazione, immigrazione, istruzione, dispersione scolastica, educazione finanziaria, microcredito, imprenditoria sociale e start up, contrasto alla criminalità, coesione sociale, ecc. Sulla base dei dati puntuali in questi settori, una fondazione di comunità può rafforzare la sua strategia perché condivide con le diverse strutture e anime locali la rilevazione e la costruzione degli indicatori evidence based, in modo oggettivo e non astratto.

 

Il metodo dei Vital Signs (VS) può costituire un’innovazione per l’intero settore filantropico italiano, soprattutto se considerato a supporto dei processi di valutazione dell’impatto sociale. Come sta applicando concretamente questa metodologia la Fondazione Comunitaria Nord Milano (FNM) e quali obiettivi strategici ha raggiunto?

I VS si basano sul coinvolgimento di tutti gli attori, soggetti ed enti della comunità, sia pubblici che privati, nella rilevazione dei bisogni emergenti e non. Su questa base si avvia una raccolta di dati quantitativi e qualitativi disponibili con la definizione di specifici indicatori che serviranno a capire come migliorare gli interventi erogativi e come misurare l’impatto. Infatti, le fondazioni che hanno applicato i VS hanno implementato uno strumento multidisciplinare e strategico per i propri Organi, che viene aggiornato e diffuso periodicamente con efficaci mezzi di info-grafica, permettendo anche un “passaggio di consegne” sulle necessità dei territori. Si tratta di una catena virtuosa che rende più efficace la strategia erogativa, rilevando i bisogni e aiutando a sviluppare progetti pluriennali su specifici ambiti, implementando le relazioni con i soggetti locali, compresi i donatori -che permettono di rafforzare la strategia e i risultati in termini di raccolta fondi. Così si migliora anche la reputazione della fondazione come catalizzatore di risorse locali, non esclusivamente monetarie e come strumento filantropico. Si toccano quindi tutti i punti vitali necessari per sviluppare la sostenibilità economica: dialogo e coinvolgimento della comunità, sviluppo professionale dei team, costante attenzione degli amministratori alle mutevoli situazioni socio-economiche a cui dare risposte.

La FNM ha stretto una partnership con il Dipartimento di Sociologia dell’Università Bicocca, diventando ufficialmente la prima Fondazione in Italia ad aver intrapreso questo percorso all’interno della comunità.

 

Nel suo approccio allo sviluppo delle fondazioni comunitarie in Italia, si rileva una forte impronta internazionale e uno sguardo attento alle best practice di tutto il mondo. Perché è importante oggi sviluppare strategie locali in un’ottica di scambio e learning costante all’interno di un network internazionale?

In qualità di Vice Presidente della Fondazione Comunitaria Nord Milano ho potuto incontrare lo scorso maggio oltre 750 delegati di 200 fondazioni che si sono riuniti nella 25° Conferenza delle Fondazioni Comunitarie Canadesi a Ottawa. Unico italiano, ero invitato a raccontare il caso della Nord Milano e dei primi passi dei VS con diversi esponenti della filantropia canadese. Da qui è nato un dialogo stretto e continuo con la Fondazione Greater Montreal e con il Dipartimento Canadese degli International Vital Signs. Se la formazione sul campo è sempre più essenziale dobbiamo allora chiederci come il Summit sulle Fondazioni Comunitarie di Johannesburg del 2016 e il Summit Europeo di Cardiff dello scorso settembre siano stati eventi purtroppo passati in sordina sulla stampa.

Perfino in Cina è stato possibile affrontare questi temi grazie all’interessante programma promosso dallo European Foundation Centre e dalla fondazione tedesca Mercator Stiftung. L’istituto sulla filantropia cinese, voluto dai maggiori imprenditori del paese e da Bill Gates, mi ha chiesto di condividere la mia esperienza su temi come “Effective Grantmaking” e “How to maintain investor and donor relationship” e ho avuto modo di raccontare le pratiche virtuose delle fondazioni comunitarie.

A Joannesburg si diceva “shift the power”, a New York “inspiring and sharing”, a Ottawa “belong”, a Pechino “co-sharing, co-partnership”: ovunque ho avuto conferma dell’importanza strategica del coinvolgimento delle comunità (tutti i soggetti e “community leaders”) per ottenere un sistema erogativo efficace e in grado di attrarre nuovi investitori e donatori.

Confrontarsi in contesti internazionali consente di comprendere meglio il valore di quello che si porta avanti localmente e di venire a conoscenza di interessanti best practice, anche se poi non si può prescindere dal considerare le peculiarità di ciascun contesto, quando si parla di replicabilità.

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