Capacity BUILD-ing per una filantropia orientata all’impatto

L’intervista a Kathy Reich, direttrice del programma BUILD della Ford Foundation, presenta la rivoluzionaria iniziativa da 1 miliardo di dollari per rafforzare la capacity delle organizzazioni non profit e accrescerne efficacia e sostenibilità.

Capacity BUILD-ing per una filantropia orientata all’impatto

Con un’erogazione annuale di oltre 500 milioni di dollari, la Ford Foundation è uno dei principali e più innovativi attori nello scenario filantropico. Nel corso dei suoi oltre ottant’anni di attività, ha subito svariate evoluzioni mantenendo tuttavia un pilastro fondamentale: investire in individui, idee e istituzioni per raggiungere cambiamento sociale di lungo periodo.

La nostra intervista a Kathy Reich, Direttrice del programma BUILD e Leap Ambassador, esplora uno degli ultimi sforzi promossi dalla Ford Foundation: l’iniziativa Building Institutions and Network (BUILD), un programma unico, da 1 miliardo di dollari, lanciato con l’obiettivo di fornire alle non profit i mezzi per rafforzare la capacity, raggiungere la sostenibilità, e aumentare le possibilità di generare impatto sociale. Un vero e proprio percorso di crescita che vuole andare oltre l’annoso tema dei costi di struttura (overhead) per offrire alle non profit ciò di cui davvero hanno bisogno per aumentare la loro performance a beneficio delle persone che assistono.

 

La Ford Foundation rappresenta uno dei principali player erogativi al mondo e sarebbe interessante cominciare l’intervista con una breve descrizione del modello filantropico. Ritiene ci sia stata un’evoluzione di approccio negli anni – mi riferisco in particolare al j’accuse lanciato dal presidente Walker alla cosiddetta “overhead fiction”…?

Dal momento in cui Darren Walker è diventato presidente nel 2013, la Fondazione ha circoscritto la sua mission alla riduzione delle disuguaglianze nelle sue possibili forme (politiche, economiche e sociali), sia negli Stati Uniti che all’estero – circa il 45% dei finanziamenti attuali sono a beneficio di persone che vivono in altri Paesi.

Nella nostra vision le organizzazioni non profit sono i veri agenti e traghettatori del cambiamento sociale: questo ha comportato un mutamento decisivo nel modo in cui la Ford Foundation amministra le proprie erogazioni. Vogliamo essere sicuri, come finanziatori, di essere dei buoni partner per i destinatari dei nostri fondi, di metterli nelle condizioni di imparare ed innovarsi per far sì che vadano oltre a un approccio di breve termine e acquisiscano un’attitudine improntata alla crescita sostenibile. Tenendo questo obiettivo a mente, nel 2015 la Ford Foundation ha introdotto un’iniziativa chiamata FordForward, basata su tre filoni principali:

  • Uno spostamento verso il supporto operativo generale. In precedenza, la maggior parte dei fondi elargiti dalla Ford Foundation erano a supporto di progetti: questo aspetto è cambiato drasticamente in soli due anni.
  • Per i fondi ancora destinati a iniziative specifiche, abbiamo raddoppiato la percentuale di spese generali al 20%, per riflettere meglio ciò che è necessario per gestire un progetto e guidare delle organizzazioni solide che siano in grado di implementare efficacemente i progetti.
  • Il terzo pilastro è BUILD, programma che ho il privilegio di dirigere. Si tratta di un’iniziativa di 5 anni del valore di 1 miliardo di dollari per rafforzare la capacity dei nostri partner non profit. Sono qui da circa un anno e mezzo, e poter vedere il cambiamento che questo programma sta già creando nel mondo è un’esperienza incredibile.

Vogliamo essere sicuri, come finanziatori, di essere dei buoni partner per i destinatari dei nostri fondi e di metterli nelle condizioni di imparare ed innovarsi

 

L’iniziativa BUILD deriva dalla comprensione che i destinatari di fondi hanno bisogno non solo di finanziamenti vincolati per diventare resilienti, sostenibili – in sintesi “high-performing”. Come siete arrivati a sviluppare la Theory of Change di questo programma unico?

Si è trattato di un processo molto partecipativo avviato con lo staff della Ford Foundation, coinvolgendo le aree programmatiche e gli uffici regionali. Abbiamo utilizzato gli input interni per creare una bozza della Theory of Change ma volevamo anche portare un punto di vista esterno. Quindi abbiamo organizzato dei focus groups, dei seminari online con esperti di sviluppo organizzativo, e dei confronti con altri player che sostengono il capacity building delle non profit. Abbiamo anche invitato alcune delle nostre organizzazioni beneficiarie affinché potessero apportare le loro raccomandazioni sulla strategia. Questo processo non solo ha rafforzato la nostra Theory of Change ma ha anche aumentato il senso di appartenenza e di co-creazione dei nostri stakeholders.

Il procedimento è stato lungo, ci sono voluti circa 6 mesi prima per definire la Theory of Change finale. Ma è importante prendersi il proprio tempo per essere sicuri di definire chiaramente cosa si vuole ottenere – e come. Se non avessi sviluppato questa lucidità durante il processo, non sarei in grado di parlare di BUILD adesso, di convincere altri soggetti della bontà di questa idea e di valutare i nostri progressi.

 

Come funziona il modello di BUILD e quali sono i suoi criteri di finanziamento?

Tutti i finanziamenti di BUILD sono committment della durata di cinque anni (in cui la maggior parte degli enti riceve un primo planning grant di un anno, seguito da uno di quattro anni per l’implementazione) che combinano diversi tipi di supporto. La prima componente consiste in un supporto ai costi di struttura dell’ente; non poniamo restrizioni su quest’area. La seconda è quella che chiamiamo “sostegno di base per il rafforzamento organizzativo”, una quota che l’organizzazione deve utilizzare per costruire la capacità interna di lungo periodo; abbiamo mappato una dozzina di macro-categorie in cui le non profit possono scegliere di investire: pianificazione strategica, leadership e governance, gestione finanziaria, fundraising, creazione di riserve, monitoraggio, valutazione, e così via. La scelta è loro.

L’importo dei finanziamenti varia ampiamente perché i destinatari di BUILD sono eterogenei in termini di dimensioni e raggio d’azione. Un finanziamento in media ammonta a circa 5 milioni di dollari negli Stati Uniti e 2 milioni nel sud del mondo, dove le organizzazioni tendono ad essere più piccole. Per le scelte di allocazione, poco più del 60% dei finanziamenti ad oggi sono utilizzati per supporto generale, il restante 40% è investito sul capacity building di lungo periodo.

Il programma è aperto solamente a una percentuale minoritaria dei beneficiari attuali della Ford Foundation: quando ti impegni in una partnership di cinque anni, devi conoscere la controparte molto bene, serve fiducia reciproca. Tuttavia spero che, man mano che la Fondazione potrà valutare il potenziale del modello, questo approccio sarà esteso fino al punto in cui la maggior parte della nostra erogazione di fondi si focalizzerà sul supporto generale e la costruzione di capacity. Sta già iniziando ad accadere: il nostro ufficio a Johannesburg sta pianificando di spostare tutto il grantmaking verso un approccio BUILD. La nostra iniziativa è in grado di rinforzare 300 organizzazioni che lavorano sulla disuguaglianza – un risultato notevole, certo – ma se la Ford Foundation cambiasse il modo in cui elargisce 500 milioni di dollari l’anno, questo rappresenterebbe una vera svolta.

 

Quali sono gli elementi chiave per costruire una relazione positiva ed efficace con i vostri grantees? In particolare come bilanciate il monitoraggio della performance senza che la raccolta dati sia percepita in ottica punitiva?

Stiamo valutando il programma BUILD piuttosto intensamente. In primo luogo, c’è un protocollo di monitoraggio per i nostri grant officers affinché trascorrano un tempo considerevole con i beneficiari ogni anno, discutendo ciò che stanno imparando, le sfide e i cambiamenti positivi. Questo per far sì che noi tutti possiamo apprendere da questi finanziamenti e fare aggiustamenti durante il percorso se qualcosa non funziona.

In secondo luogo, abbiamo commissionato una valutazione esterna di BUILD che seguirà il programma per i prossimi quattro anni. È molto importante sottolineare che stiamo valutando la strategia di BUILD, non la performance individuale degli enti finanziati: vogliamo vedere se l’intervento è effettivamente in grado di aiutare le organizzazioni a rafforzarsi e diventare più resilienti, a espandere il proprio network e, di conseguenza, a generare un impatto maggiore nel loro campo.

Ho lottato, nella mia intera carriera di grantmaker, per fare in modo che le organizzazioni non debbano sentirsi giudicate né temere che il finanziamento possa essere revocato nel momento in cui commettono un errore. Penso che un punto cruciale in questo senso, per assicurare stabilità, sia il nostro impegno di cinque anni: è un grande cambiamento che modifica immediatamente la tipologia di relazione con il partner. Un altro aspetto che evidenziamo spesso agli enti beneficiari è il fatto che, per noi, la motivazione primaria della valutazione non è la rendicontazione ma l’apprendimento. In questa prospettiva, il fallimento è un concetto accettabile: è complicato per le non profit credere in questa nozione, ma noi pensiamo che la valutazione sia uno strumento che deve aiutare le persone a valutare il progresso e correggersi dove necessario.

La motivazione primaria della valutazione non è la rendicontazione ma l’apprendimento

Vado molto fiera di questa iniziativa: è il genere di supporto che le ONP desideravano, di cui avevano bisogno, e che chiedevano da almeno un decennio. Dobbiamo iniziare a pensare con i destinatari dei fondi, trattandoli come partner. Sono emozionata perché si può già vedere l’evoluzione nelle relazioni e nelle attitudini grazie a questo approccio: le persone si stanno concentrando sul cambiamento strategico che vogliamo vedere e non sul modo di accaparrarsi il prossimo finanziamento.

 

Quali sono gli ambiti più rilevanti nei quali le ONP decidono di investire grazie al vostro supporto?

L’utilizzo più frequente (oltre l’80%) che gli enti finanziati da BUILD ci propongono sono sul potenziamento delle operazioni di base – che includono finanza, fundraising, comunicazione, monitoraggio e valutazione, IT e risorse umane. Questi sono ambiti che ogni ONP ha bisogno di rafforzare ma che tradizionalmente sono poco finanziati dai donatori.

Un altro uso popolare dei finanziamenti (circa 60%) muove da una ricerca di chiarezza e coerenza istituzionale, ossia in termini di pianificazione strategica. È interessante notare che, a oggi, il 20% dei destinatari di BUILD sceglie di allocare parte della donazione a riserve finanziarie. Anche se non vogliamo che i fondi siano vincolati permanentemente, permettiamo di creare o allargare eventuali riserve. Solo il 13% sceglie di indirizzare il finanziamento nell’ambito della crescita. È positivo a nostro avviso, perché non è la crescita il concetto chiave del programma BUILD ma bensì l’impatto e non crediamo che le non profit debbano per forza crescere per aumentare la propria efficacia.

Le ONP hanno piena autonomia nel decidere l’ambito di rafforzamento istituzionale al quale destinare il finanziamento e sulle modalità di misurazione del successo – noi diciamo loro di focalizzarsi, scegliendo tre/cinque filoni su cui lavorare.

 

Per concludere, mi piacerebbe che ci concentrassimo sul tema della misurazione di impatto in tre punti principali. Pe cominciare, valutare: sempre – spesso – a volte?

Monitoraggio – sempre. Che tu sia un ente erogatore o una ONP, bisogna sempre avere una metrica con la quale misurare i progressi in modo da correggere la rotta in corso d’opera se necessario.

Valutazione: spesso. La valutazione consiste nel portare una terza parte esterna per analizzare in profondità un programma, su un orizzonte temporale ampio. Non penso che vada eseguita continuamente, ma ci sono fasi nel ciclo di vita di un’organizzazione in cui una valutazione esterna è cruciale per varie ragioni. In primis, per essere credibile sul campo, nel momento in cui si intende replicare il proprio approccio o far sì che qualcun’altro lo adotti. In secondo luogo, per avere un punto di vista fresco, esterno e oggettivo del proprio lavoro: noi tutti ci innamoriamo di ciò che portiamo avanti e diventa sempre più difficile comprendere dove abbiamo delle lacune. Questo è il momento in cui un valutatore esterno può essere di grande aiuto.

 

La cultura del fallimento: realtà – lavoro in corso – mito?

Penso che sia un lavoro in corso. Nel campo della filantropia, e in quello del non profit in generale, abbiamo fatto grandi progressi negli ultimi cinque anni nel riconoscere i fallimenti, condividendoli e imparando dagli errori. Uno sviluppo molto positivo, ma è ancora lungo il percorso per far sì che il fallimento sia percepito come qualcosa di pienamente accettabile nel nostro settore. Dobbiamo essere più a nostro agio con il concetto di fallimento se vogliamo sperare di creare innovazione.

 

Fattibilità economica: chi dovrebbe coprire i costi della valutazione d’impatto?

Dalla mia prospettiva, il monitoraggio e la valutazione dovrebbero essere due funzioni chiave di tutte le ONP e se i finanziatori vogliono far sì che i beneficiari abbiano successo dovrebbero supportarle. Che poi supportino direttamente la valutazione o che forniscano un sostegno generale adeguato affinché la non profit crei e gestisca quella funzione, non ha importanza: i finanziatori devono coprirne i costi.

Che supportino direttamente la valutazione o che forniscano un sostegno generale adeguato alla non profit, non ha importanza: i finanziatori devono coprirne i costi

 

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