Leap Update: Bill Gates, the ultimate “Hyperagent”

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Se non avete ancora visto il nuovo documentario di Netflix “Inside Bill’s Brain: Decoding Bill Gates”, dovreste farlo! Il film fa un ottimo lavoro illustrando come la filantropia possa diventare, nelle parole dell’educatore Paul Ylvisaker, “society’s passing gear“, oltre ad offrire ottimi spunti per i donatori che non hanno la ricchezza stratosferica di Gates.

Ecco alcune delle intuizioni chiave del film.

Gates è insaziabilmente curioso. Nelle parole dell’ex direttore marketing di Microsoft Mike Slade, “È felice di imparare cose come nessuno che abbia mai incontrato nella mia vita. Non legge solo un libro su qualcosa. Ne leggerà almeno cinque, molti dei quali sono troppo densi e corposi per un qualunque mortale”. La passione di Bill per l’apprendimento non riguarda solo la lettura e le sue solitarie “think weeks” nella sua cabina sul Hood Canal di Washington. Gates adora anche scambiare prospettive con esperti e condurre visite in loco. A dire il vero, quest’ultimo aspetto è da attribuire al fondamentale influsso che sua moglie, Melinda, esercita nei suoi confronti.

Gates abbraccia il rischio. Nell’episodio due, Gates mangia un hamburger con Warren Buffett e gli confessa di aver puntato tutta la reputazione della Fondazione sull’eradicazione della poliomielite – pur sapendo che l’eradicazione si sta rivelando molto più difficile e costa molto più denaro di quanto si sperasse. In ogni episodio, il regista Guggenheim pone l’accento sulla filantropia ad alto rischio e ad alto rendimento di Gates: oltre a profilare la campagna di eradicazione della poliomielite, Guggenheim si concentra sulla ricerca di Gates di migliori servizi igienici e impianti di trattamento delle acque reflue per i poveri (episodio uno) e sull’impegno per la costruzione di un reattore nucleare a “onde mobili” che potrebbe servire in ottica di mitigazione dei cambiamenti climatici (episodio tre). Certo, ci sono pochissimi altri al mondo che potrebbero fare scommesse enormi – e onerose – come queste. Ma l’approccio di Gates (fare i compiti, investire in grandi leader, raccogliere rigorosamente dati) può essere applicato da una vasta gamma di donatori.

Gates cerca opportunità uniche di impatto. Gates avrebbe potuto scegliere di concentrare il suo sforzo filantropico sulla ricerca sul cancro al seno, motivato dal fatto che perse sua madre a causa della malattia lo stesso anno in cui diede vita alla sua prima fondazione. Ma sapeva che la ricerca sul cancro era già fortemente sovvenzionata. Si rese quindi conto che i suoi dollari avrebbero potuto avere un impatto molto più significativo sulle condizioni che colpiscono in modo sproporzionato le persone nei paesi poveri. Oggi, la stragrande maggioranza dei donatori concentrano le proprie risorse nei confronti delle istituzioni di cui loro o le loro famiglie hanno beneficiato (ad esempio università, ospedali), negligendo opportunità potenzialmente trasformative. Dovremmo avere più il coraggio di abbracciare cause impopolari e sotto-finanziate in cui le risorse finanziarie, di tempo e di competenze potrebbero fare una differenza maggiore.

Infine, Gates è un modello ispiratore. Gates ha molti difetti e ha fatto molti passi falsi (come esplorare una collaborazione filantropica con Jeffrey Epstein). Ma ha molti tratti considerati più unici che rari, inclusa la sua disponibilità  ad ammettere di aver commesso errori. Soprattutto, è un modello ispiratore per altri “iperagenti” super ricchi, mostrando loro i canali attraverso i quali la filantropia può acquisire significato, scopo e sostanza per coloro che investono se stessi, e non solo il proprio portafogli.

Riassumendo, Gates sta usando i suoi super poteri per il bene, e siamo grati che lo stia facendo.

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