Focalizzare la mission e sviluppare una strategia a lungo termine: il caso della Stone Family Foundation

L'intervista con Paul Gunstensen, Director del WASH Program della Stone Family Foundation, analizza il percorso di una fondazione di famiglia verso la definizione di una strategia di intervento implementata attraverso la venture philanthropy - in allineamento ai valori imprenditoriali dei fondatori

Focalizzare la mission e sviluppare una strategia a lungo termine: il caso della Stone Family Foundation

La Stone Family Foundation è stata fondata nel 2005 da John Stone e sua moglie Vanessa, in seguito alla vendita dell’attività. Come mai hanno deciso di avviare un’attività filantropica e come hanno scelto i bisogni sociali da sostenere?

Dopo aver venduto l’attività, John e Vanessa si sono interrogati su come volessero spendere i proventi della stessa, dal momento che non volevano né condurre uno stile di vita edonistico, né lasciare in eredità ai figli una tale ricchezza. La decisione presa fu proprio quella di istituire una fondazione filantropica.

Inizialmente la famiglia Stone non aveva un’idea chiara di cosa volesse finanziare con la Fondazione, da qui la decisione di farsi accompagnare da New Philanthropy Capital, un think tank che offre servizi consulenziali, che li ha aiutati a individuare il focus specifico d’azione.

Il primo passo è stato quello di sviluppare un learning portfolio composto da dieci diversi grant, a supporto di ONG operanti in diversi ambiti, come la salute mentale in Bangladesh, il microcredito in Malawi o l’educazione femminile in Laos. La famiglia in quel periodo visitò tutti e dieci i progetti finanziati e parlò con esperti del settore, con l’obiettivo e la volontà di imparare quanto più possibile in merito a sviluppo e filantropia.

 

Nel 2010, in seguito a una revisione strategica, la Fondazione ha deciso di concentrarsi sul tema WASH – water and sanitation – nei paesi in via di sviluppo. Ci può spiegare il processo che ha portato la Fondazione verso questo importante cambiamento?

Nel 2010, quando è stato concluso il learning portfolio, la famiglia ha deciso di sviluppare ulteriormente la sua filantropia, andando a definire una strategia di lungo termine. Per fare ciò ha riflettuto su cosa avesse trovato più gratificante nel percorso appena fatto e su cosa ritenesse aver avuto più impatto. È stato proprio in questo frangente che è emerso quanto l’accesso ad acqua e servizi igienici fosse un tema importante per la Fondazione.

La mancanza di servizi idrici e sanitari, oltre all’elevata incidenza delle malattie infettive legate all’uso dell’acqua in molti dei progetti che avevano finanziato, ha portato la famiglia Stone a decidere che la maggior parte dei loro grant fossero indirizzati a favore della tematica WATSAN, nell’Africa sub-sahariana e nel Sud-est asiatico.

Oltre a decidere di focalizzarsi su un unico ambito di intervento, la Fondazione in seguito al programma di learning portfolio ha ridefinito le modalità di interazione con le organizzazioni beneficiarie, preferendo supportare organizzazioni con le quali ci fossero già relazioni avviate, desiderando comprenderne pienamente vision e approccio.

Un’altra chiara preferenza espressa è stata quella per le soluzioni market-based, che sono diventate negli anni sempre più centrali nella politica di grant della Fondazione.

E’ possibile trovare ulteriori informazioni sul percorso che la Fondazione ha fatto, nel report di New Philanthropy Capital A funder journey.

 

Ci può spiegare l’approccio filantropico che utilizzate per sostenere gli imprenditori locali nel settore WASH, ad esempio fornendo un capitale di rischio?

Il fondatore della Fondazione, John, ha voluto assicurarsi di applicare all’azione filantropica lo stesso approccio e gli stessi principi utilizzati durante la sua attività imprenditoriale. Non voleva più considerare le famiglie senza accesso ad acqua e servizi igienici adeguati come meri beneficiari passivi, al contrario voleva che la Fondazione li vedesse come consumatori, rispondendo alle loro specifiche esigenze e desideri.

In veste di imprenditore, John ha anche voluto che la Fondazione si prendesse dei rischi, principio cardine della nostra azione: forniamo il capitale di rischio alle imprese che si trovano in una fase early stage, per sviluppare i loro modelli di business e arrivare fino al punto in cui possono ottenere ulteriori risorse da finanziatori più prudenti.

Detto questo, siamo molto meticolosi e sappiamo quali sono i rischi che siamo disposti a correre: siamo disposti a sostenere nuovi e innovativi modelli di business che mirano a innovare il settore e abbiamo appreso come una gestione rigorosa e di qualità sia assolutamente fondamentale per il successo di un’impresa, e quindi prima di finanziare questo tipo di progetti vogliamo avere un contatto di fiducia nella leadership di qualsiasi organizzazione che sosteniamo.

 

Il vostro obiettivo è rivoluzionare l’approccio tradizionale dei programmi WASH, ad esempio lavorando per sostenere l’intero settore. Quali sono i risultati ottenuti finora e come misurate l’impatto sociale generato dalle vostre azioni?

La storia del settore WATSAN è costellata di esempi in cui i donatori o le ONG hanno installato infrastrutture come le pompe per l’acqua pensando di aver finito il proprio lavoro. Sfortunatamente però, questo tipo di approccio non ha successo: uno studio ha infatti dimostrato come il 40% delle pompe rurali installate nell’Africa sub-sahariana non sia più utilizzabile dopo soli due anni.

Questo scenario sta cambiando, in particolare grazie ai Sustainable Development Goals i quali stanno spostando l’accento dall’avere il semplice accesso ad acqua e servizi igienici, ad una maggior attenzione sulla qualità del servizio offerto: ad esempio l’acqua è accessibile costantemente? E’ stata trattata in modo tale da poter essere bevuta?

Noi stiamo cercando di capire quale ruolo possono avere i metodi market-based per raggiungere la sostenibilità. Sicuramente non è un metodo applicabile ad ogni tipo di contesto, ma riteniamo che le imprese debbano far parte della soluzione e che possano aiutare a evitare gli errori del passato, sviluppando prodotti e servizi che le famiglie desiderano acquistare, sostenibili nel lungo periodo.

Non abbiamo ancora raggiunto tutto questo, ma una delle imprese più incredibili che abbiamo nel portafoglio adesso è Safi Sana, un’impresa sociale con sede in Ghana. Safi Sana tratta i rifiuti che normalmente vengono scaricati nel mare e li trasforma utilizzando materia organica per generare elettricità, condizionare il suolo e avere acqua idroponica per le semenze. I ricavi ottenuti dalla vendita di questi prodotti coprono i costi di esercizio dell’impianto, rendendolo finanziariamente sostenibile. Può non sembrare il più glamour dei business, ma ha un enorme potenziale in termini di impatto sociale, evitando le terribili malattie causate dallo smaltimento scorretto e non sicuro dei rifiuti e le conseguenze dirette sui vari elementi dell’economia circolare.

Per quanto riguarda la misurazione dell’impatto sociale, guardiamo alla comunità accademica per costruire la base di dati utile per valutare i benefici positivi sulla salute dovuti all’uso di acqua e servizi igienici sicuri. Con le nostre imprese cerchiamo di comprendere quattro fattori principali:

  1. L’impresa serve clienti che hanno un basso reddito e che sono svantaggiati?
  2. I servizi sono affidabili e di alto livello?
  3. Il servizio è accessibile?
  4. Quanto è vicina l’impresa alla sostenibilità finanziaria, e come intende raggiungerla?

Nonostante le sfide, siamo ottimisti e crediamo che nei prossimi cinque anni vedremo una svolta nel settore dell’acqua e dei servizi igienici. Non vogliamo lavorare da soli e intendiamo collaborare con altri donatori interessati a intraprendere questo viaggio con noi!

 

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