Theory of Change: conditio sine qua non per valutare

Theory of Change: conditio sine qua non per valutare

Sempre più frequentemente, viene richiesto di “valutare l’impatto” generato dagli interventi in ambito sociale e di cooperazione allo sviluppo, e, attraverso un decreto del 2016, questa pratica diventerà obbligatoria: la Legge Delega per la riforma del Terzo Settore prevede, infatti, che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali predisponga linee guida in materia di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del Terzo settore”.
Molto spesso i dibattiti sulla valutazione si concentrano sugli approcci da utilizzare, sugli indicatori da identificare, sui sistemi di raccolta dati da applicare, ponendo quindi l’enfasi sul come valutare. Ma se facessimo un passo indietro, e ci chiedessimo: cosa si vuole valutare? Cosa significa e cosa implica “valutare l’impatto”?
Generalmente, le definizioni di “valutazione” e di “valutazione di impatto”, per quanto diverse e diversificate, concordano sulla necessità che la valutazione faccia emergere se e in che misura l’intervento abbia “fatto la differenza”, raggiungendo, totalmente o parzialmente, i risultati attesi.
Ma come si identificano questi risultati?
Durante il Corso Executive sulla Theory of Change e la Valutazione di Impatto, tenuto presso la Fondazione Lang fra il 4 e il 5 luglio, presentando e mettendo a confronto il metodo di valutazione controfattuale e lo SROI (Social Return on Investments), è emerso un punto in comune cruciale: entrambi gli approcci, si muovono da una premessa condivisa, cioè l’utilizzo della Theory of Change (ToC) come base di partenza per sviluppare la valutazione.
Questo aspetto è molto interessante, perché evidenzia come lo sviluppo di una logica causale su cui progettare l’intervento, sia conditio sine qua non per poterne, potenzialmente, misurare l’impatto.
Verificare se gli obiettivi siano stati raggiunti, ed eventualmente, in che misura, richiede necessariamente l’identificazione del percorso tracciato durante l’implementazione del progetto e la possibilità di ripercorrerlo a ritroso, tornando al punto di partenza.
In questa prospettiva, la ToC diventa non solo mappa di orientamento, ma anche restituzione del processo intrapreso, della ratio che sostiene l’idea del cambiamento insita nell’intervento e il percorso che è stato scelto per attuarlo, quel cambiamento.
La valutazione, quindi, qualsiasi sia l’approccio metodologico messo in campo, non può non essere influenzata e prescindere dalla logica che sottende il progetto, e, in questo senso, diventa banco di prova per validare o smentire la tenuta di tale logica e misurare quanto sia stringente rispetto ai risultati attesi.
Una Teoria del Cambiamento ben strutturata, solida nella costruzione dei nessi logici e forte di un’analisi di contesto approfondita e lungimirante nell’anticipazione di eventuali rischi e nel coinvolgimento oculato degli stakeholder, risulta un presupposto fondamentale non solo per una progettualità più efficace ed efficiente negli intenti, ma anche per la creazione di condizioni adatte a dare una risposta più pregnante ad alcune domande della valutazione che restano, troppo spesso, inevase per un’eccessiva debolezza, presente nel disegno stesso del progetto.

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